A dispetto di quanto dicono molti, la Chiesa ha reso il dovuto omaggio alla scomparsa di un grande uomo di fede come il cardinale Carlo Maria Martini. Scadente, a tratti scandaloso, è stato invece l’approccio del mondo “laico” alla morte di colui che fu anche un grande italiano.
L’apice è stato toccato dalla cultura radicale, che ha cercato di trasformare l’agonia del cardinale in uno spot per l’eutanasia. Mescolando ad arte, per confondere le idee su un tema complesso come la fine vita, morte naturale, cure palliative, accanimento terapeutico (alla cui rinuncia consente anche il Catechismo della Chiesa cattolica) ed eutanasia. E violentando così, oltre ai fatti, anche la volontà di un uomo appena deceduto. Un religioso che, come dimostra tra l’altro anche il libro Credo la vita eterna allegato a Famiglia Cristiana, aveva pensato molto alla morte, distinguendo la dimensione dell’inevitabile dolore fisico da quella del timore dell’incontro con Dio.
Poi viene, nella graduatoria del cattivo gusto, la politica “di destra”. Meglio: di ciò che in Italia è nobilitato con il termine “destra”. Nessuna presenza alle esequie, nessun omaggio (anche solo formale) al cardinale scomparso. Brutto ma prevedibile: si sa che alcuni preferiscono i religiosi che maneggiano banconote e pacchetti di voti agli esegeti delle Sacre Scritture.
Infine il mondo laico progressista, “di sinistra”. Quante pompose celebrazioni per dire una cosa sola: Martini era la “Chiesa buona” perché parlava con noi. Lenzuolate autoreferenziali, patenti non richieste di modernità (dove “moderno” è uguale a “buono”, e “buono” è uguale a “noi”, cioè a loro) a un gesuita che aveva dedicato parole roventi alla ambizione dell’epoca moderna». Ignorando, questi, che la diversità degli approcci, nella Chiesa come altrove, è ricchezza e non debolezza. Davvero, cardinale: meritavi di più.
Pubblicato su Famiglia Cristiana n.38/2012