Raif Badawi. Chi è costui? Curioso che ci si sia dimenticati così facilmente di un uomo di 43 anni che due anni fa ha avuto il Premio Sacharov, il riconoscimento che il Parlamento Europeo assegna ogni anno ai campioni della libertà di pensiero e che negli ultimi anni, per fare qualche esempio, è andato alle donne yazide trasformate in schiave sessuali dai miliziani dell’Isis, ai protagonisti delle Primavere arabe e ai dissidenti cubani.
Per gli smemorati, un breve memo. Cinque anni fa, più o meno in questi giorni, Badawi, fondatore di un blog intitolato Free Saudi Liberals, destinato soprattutto a discutere i princìpi di gestione del meccanismo giudiziario in Arabia Saudita, è stato incarcerato e condannato per apostasia. Nel 2013 la condanna è stata portata a 7 anni di carcere e 700 frustate. Nel 2014, in seguito ad appello, è salita a 10 anni di carcere e mille frustate. Di fatto una condanna a morte, perché nessun essere umano è in grado di sopportare una simile tortura. Infatti a Badawi è stata finora inflitta “solo” una razione di 50 frustate, che sono bastate a portarlo in punto di morte.
Certo, viviamo un’epoca in cui ogni giorno si balla sul crinale della terza guerra mondiale e una storia individuale come quella di Badawi può sembrare poca cosa rispetto al quadro generale. Ma noi occidentali dovremmo tenerci caro un giovane avvocato che, in un regime oppressivo e fanatico come quello saudita, ha il coraggio di scrivere pubblicamente che «i codici che reggono l’amministrazione di uno Stato non possono derivare da un credo religioso». Non siamo, noi occidentali, tutti figli di quel «Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Vangelo di Matteo 22,21) che è il fondamento della nostra civiltà?
Forse lo siamo solo quando ci fa comodo. E forse proprio per questo riusciamo con tanta facilità a intenderci con regimi come quello saudita, che sono la smentita vivente a ogni nostro valore, vero o presunto. Nel frattempo Badawi e il suo Premio Sacharov continuano a essere rinchiusi in una galera. E noi continuiamo a riempirci la bocca con parole come terrorismo, libertà, pace che, dette da noi, hanno perso ogni significato.
Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net