E’ vero che degli scomparsi si deve dire solo bene. Però fa ugualmente una certa impressione vedere la morte di re Abdallah dell’Arabia Saudita, deceduto all’età di 91 anni, accompagnata non solo dal cordoglio ma anche da definizioni come “riformatore” o, come ha detto il segretario di Stato Usa John Kerry, “uomo saggio”.
Si tratta, a voler essere generosi, di iperboli. Abdallah era salito al trono solo nel 2005, alla morte di re Fahd, ma era l’uomo forte del regno già dal 1995, cioè da quando il suo predecessore era stato messo fuori causa da un ictus. Abdallah, quindi, se era un riformatore, lo era di se stesso. E quanto alla saggezza, va ricordato che l’Arabia Saudita di Abdallah ha lavorato intensamente per diffondere nel mondo il verbo dell’islam più estremo, quello del culto wahabita; ha prima o poi finanziato tutti i movimenti più o meno terroristici dell’islamismo, fino all’Isis di cui ora abbiamo tanta paura; è stato l’unico Paese, insieme con il Pakistan, a riconoscere il regime dei talebani in Afghanistan, proprio nel periodo in cui quelli ospitavano Osama Bin Laden, che era anche lui saudita.
Il re del petrolio
Comunque sia, per il regno si apre ora una fase delicatissima. Ora sale al trono Salman (fratello di Abdallah), che ha subito nominato principe ereditario il proprio fratellastro Muqrin. Un messaggio di stabilità inviato ai sudditi, alla sterminata famiglia reale ma soprattutto ai mercati, in un momento in cui il prezzo del petrolio è ai minimi storici e la turbolenza, per un petro-Stato come quello saudita, è invece ai massimi.
E qui si pone un altro problema di successione, anche se non drammatica come quella del re. E’ quella di Ali al-Naimi, 80 anni, il ministro saudita del Petrolio, un fedelissimo del re appena scomparso. Con Abdallah, Al-Naimi era di fatto il secondo uomo più potente del regno, e con Abdallah era in carica dal 1995. Già nel 2010 il Supremo Consiglio, presieduto dallo stesso re, gli aveva chiesto di indicare un successore per il suo dicastero ma, come si vede, Al-Naimi ha resistito finora.
Difficile che re Salman voglia mantenerlo ancora in quel posto così strategico, dove vorrà insediare un proprio uomo. Ma sostituire lo stratega della battaglia dei prezzi del petrolio, e proprio adesso, non sarà facile.
Segui anche “Gerusalemme, Damasco e dintorni”, il blog sul Medio oriente di Famiglia Cristiana