GANTZ E NETANYAHU MIRANO ALLA CISGIORDANIA

gantzBibi Netanyahu (a sinistra) e Benny Gantz (a destra) con il presidente Rivlin.

Neanche l’emergenza per il coronavirus rallenta la progressiva umiliazione dei palestinesi. Lo testimonia la formazione, pur travagliata, del governo Netanyahu-Gantz, i grandi rivali diventati alleati dopo il voltafaccia di Gantz, lesto nello smantellare il progetto della  coalizione Blu e Bianco che lui stesso aveva fondato con Yair Lapid proprio in opposizione al Likud. I due, che dovrebbero presiedere il governo a turno, mal si sopportano. E ora che si è arrivati a discutere di come spartire il potere (ultimo casus belli, i criteri di nomina dei giudici) fanno fioccare le polemiche e gli ultimatum. Su una cosa sola hanno trovato subito l’accordo: come infliggere altre bastonate ai palestinesi.

Per capire bene dove si va a parare, però, bisogna prima ricostruire quel che è avvenuto tra Israele, i palestinesi e il virus. All’inizio c’è stata una buona collaborazione: israeliani e palestinesi hanno formato una commissione congiunta e Israele ha anche aperto, sia pure in piccola parte, i condotti finanziari che intercettano i quattrini dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp).

Poi, man mano che il virus si faceva strada (al 9 aprile, siamo a quasi diecimila contagiati e un’ottantina di morti nello Stato ebraico), Israele ha cambiato atteggiamento. I lavoratori palestinesi contagiati sono stati espulsi verso la Cisgiordania senza alcun accordo preventivo con l’Anp. Un ospedale provvisorio per palestinesi, allestito nella Valle del Giordano, è stato demolito. Analoga sorte hanno continuato a subire numerose abitazioni palestinesi, in ovvia contraddizione con il «distanziamento sociale» che dovrebbe impedire la diffusione del contagio. Nulla è stato fatto, peraltro, all’interno della cosiddetta Linea Verde, per garantire ai palestinesi che risiedono in Gerusalemme o che sono cittadini di Israele di avere lo stesso accesso ai test e ai ricoveri ospedalieri di cui godono tutti gli altri israeliani.

Com’è ovvio, la diffusione della pandemia potrebbe avere effetti disastrosi in una realtà come quella palestinese, che già in tempi «normali» soffre di una cronica insufficienza di strutture mediche adeguate. E questo, forse, spiega anche la fretta con cui Benjamin «Bibi» Netanyahu e Binyamin «Benny» Gantz, appena raggiunto l’accordo per la formazione del Governo, hanno annunciato il proposito di annettere entro qualche mese almeno parte della Cisgiordania già disseminata di insediamenti israeliani.

L’idea, secondo quanto scrive la stessa stampa israeliana, è di preparare una bozza di annessione, sottoporla alla Casa Bianca, farla approvare dal Parlamento israeliano (Knesset) e poi procedere. Tutto finto, scontato in partenza. L’annessione della Cisgiordania era prevista dal «Piano del secolo» presentato da Donald Trump in gennaio, il sì della Knesset scontato. Il diritto internazionale, per la milionesima volta, ignorato e calpestato.

Non ci si deve stupire troppo. La politica israeliana non è nuova a colpi di scena come questo, tra alleanze che diventano ostilità ed ex  nemici che si abbracciano. Sulla questione della sicurezza (termine passe-partout con cui i politici israeliani giustificano qualunque azione) e dei rapporti con i palestinesi, poi, Netanyahu e Gantz (entrambi ex militari) non sono mai stati troppo lontani. Resta da analizzare la fretta di Bibi e Benny. Approfittare del coronavirus, ovvio, che fiacca ancor più i palestinesi e distrae l’opinione pubblica mondiale. Ma forse anche dei residui mesi della presidenza Trump. Se la Casa bianca dovesse dare cattiva prova di sé con la pandemia, a novembre gli americani potrebbero eleggere un nuovo Presidente. Meglio quindi non aspettare.

Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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