SIRIA, IL GOLFO RIAPRE AD ASSAD?

assadBashar al-Assad

«Il governo siriano è il governo della Siria e noi lavoriamo con gli Stati sovrani, anche se non siamo d’accordo con loro, e non con quelli che cercano di abbatterli». Chi può aver pronunciato parole così tenere verso Assad? Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri della Russia? O forse il suo omologo iraniano, Mohammad Javaf Zarif? Né l’uno né l’altro. È stato Khalid bin Ahmed Al-Khalifa, ministro degli Esteri del Bahrein oltre che membro della famiglia reale che domina il piccolo regno del Golfo Persico.

Il Bahrein ha la maggioranza della popolazione composta da sciiti, che sono però sottoposti al dominio della minoranza sunnita rappresentata, appunto, dagli Al-Khalifa. Nel 2011, come molti altri Paesi del Medio Oriente, anche questo fu scosso dalle manifestazioni della Primavera araba. Dopo decine di morti e centinaia di arresti arrivò l’esercito dell’Arabia Saudita a reprimere i moti.

Una simile dichiarazione, relativa a un fronte caldissimo come la Siria e a un personaggio detestato come Assad, per di più emessa sotto i riflettori della recente sessione dell’Assemblea generale dell’Onu da parte di un membro della famiglia reale che, prima di diventare ministro, è stato anche un navigato diplomatico (Khalid bin Ahmed Al-Khalifa è stato in passato anche ambasciatore negli Usa e nel Regno Unito), non può essere una «voce dal sen sfuggita».

Ancor più difficile che un simile annuncio non sia stato in qualche modo concordato dal Bahrein con gli altri membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, ovvero Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman e Kuwait.

È lecito pensare, quindi, che nella diplomazia araba qualcosa stia bollendo in pentola. A questo episodio, poi, possiamo ricollegare altri fatti.  La riapertura delle rotte commerciali terrestri tra Giordania e Siria con l’annunciata riapertura del valico di Nasseb (che consente il transito di 7 mila camion al giorno). I ripetuti inviti di Abdel Fattah Al Sisi, il generale che in Egitto si è fatto presidente, a ricostruire un rapporto con la Siria e Assad. E la sensazione di un lavorio sommerso si fa ancora più forte.

Diverso è, invece, capire perché nei Paesi che hanno tanto lavorato per far crollare Assad ora si faccia strada una sia pur minima disponibilità al dialogo. Perché è ormai evidente che Assad non cadrà? O perché continuare a isolarlo significherebbe spingerlo ancor più tra le braccia dell’Iran e dei suoi pasdaran, che sono l’arcinemico dei Paesi governati dai sunniti? Solo il tempo ci darà la risposta. Certo è che la guerra di Siria, dopo lo stallo di Idlib e i patteggiamenti tra Russia e Turchia, sembra pronta a trasformarsi in una partita a scacchi.

Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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