NON C’E’ PRIMAVERA ARABA IN BAHREIN

Il re del Bahrein, Al Khalifa.

Non tutte le Primavere sono uguali. Così, proprio mentre si congratulavano per il “nuovo corso” di Egitto, Tunisia e Libia, gli Usa del premio Nobel per la Pace Obama si apprestavano a vendere armi per 53 milioni di dollari al reame del Bahrein, a quel punto ancora impegnato a incarcerare e torturare oppositori, non contento di aver stroncato le richieste di democrazia facendo entrare nel Paese le forze armate di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Le proteste dei cittadini del Bahrein in febbraio.

Per fortuna gli Usa sono una grande democrazia e la pressione di organizzazioni per i diritti umani, politici onesti (sei deputati democratici hanno scritto a Hillary Clinton per chiederle di bloccare la trattativa) e giornali ha fatto ritardare la vendita, francamente indecente. Il Governo americano ha messo all’accordo sulle armi una condizione: che i diritti civili dei cittadini del Bahrein (un milione e 250 mila abitanti, per il 60% locali e per il resto immigrati, soprattutto di origine asiatica) siano rispettati.

Una procedura un po’ buffa perché gli Usa hanno in Bahrein un’importante base navale, centri di ascolto attrezzatissimi per spiare l’Iran e sono i principali fornitori delle armi con cui  Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, oltre alla polizia dello stesso Bahrein, hanno fatto da febbraio almeno 40 morti (più centinaia di feriti e almeno 500 detenuti) tra coloro che chiedono più democrazia e una più equilibrata divisione dei poteri tra la maggioranza sciita e la casa regnante degli Al Khalifa (e la minoranza degli abitanti) che è sunnita. In poche parole: di come vanno le cose laggiù ne sanno più gli Usa di chiunque altro, sovrano del Bahrein compreso.

Il re del Bahrein, Al Khalifa.

Comunque sia, e dovendo soddisfare le esigenze di pubblica decenza di un partner politico importante come gli Usa, il re Hamad bin Isa al Khalifa ha dovuto acconciarsi a concedere una commissione d’inchiesta (indipendente ma pur sempre ufficiale) sulla repressione. Il corposo rapporto che ne è nato (il Report of the Bahrain Independent Commission of Inquiry, quasi 500 pagine) ha comunque fatto due affermazioni importanti.

La prima è che le forze di sicurezza del Paese hanno fatto “un uso sistematico di maltrattamenti psicologici e fisici, in molti casi di vera e propria tortura”. E la seconda, forse più inaspettata, è che dietro le proteste non c’erano sobillatori e finanziamenti arrivati dal vicino e sciita Iran, ma puro e semplice malcontento popolare. Il che ha tolto alla repressione la sua più efficace giustificazione, perché l’Iran ha il regime che ha, la rivalità sunniti-sciiti è sempre accesa e i Paesi petroliferi della regione farebbero carte false pur di rovinare un concorrente.

Così la questione si ancor più ingarbugliata. Perché il re Al Khalifa, viste le premesse, e dopo aver gettato sulle spalle di ufficiali incompetenti ogni responsabilità, ha sospeso la presentazione ufficiale delle conclusioni della Commissione d’inchiesta. Così facendo, però, ha messo in ulteriore imbarazzo gli Usa, che ben difficilmente potrebbero consdierare soddisfatta la richiesta di chiarimenti sui diritti civili dei cittadini del Bahrein.

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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