Come diceva il vecchio Carlo Marx, quando la storia si ripete, lo fa prima come tragedia e poi come farsa. Così, se ai tempi di Mare Nostrum il dibattito politico sulle migrazioni fu ignobile, con Triton è sceso al livello che ci è più tipico: quello della commedia dell’arte. Allora si diceva che era la prospettiva di essere soccorsi ad attrarre i migranti. Adesso, con gli sbarchi in crescita del 30% e le stragi che si moltiplicano (1.500 morti nel solo 2015), si farnetica di blocchi navali e di spedizioni militari, senza il pudore di ricordare che nel 2010 il Governo Berlusconi-Maroni varò la strategia dei respingimenti (il blocco, appunto), trovandosi nel 2011 il record di immigrati clandestini.
Siamo afflitti da un provincialismo che produce disastri. Ancora oggi viviamo nell’illusione, fomentata dai demagoghi di turno, che le migrazioni siano una “cosa”, una circostanza (come i furti in appartamento o le code in autostrada) contro cui si può prendere un provvedimento e farla sparire. Le migrazioni, invece, sono una condizione del mondo d’oggi e non cesseranno solo perché noi facciamo la faccia feroce. Lo dimostrano tutti i dati.
Migrazioni e guerre
Oggi le migrazioni muovono sul pianeta circa 250 milioni di persone, una massa che in cifre assolute cresce (erano 175 milioni nel 2000 e 154 nel 1990) ma resta stabile rispetto alla popolazione complessiva del pianeta: poco oltre il 3% del totale. Un enorme movimento globale che procede per vasi comunicanti (dai Paesi poveri verso i Paesi in via di sviluppo; da questi verso i Paesi ricchi) e ha per motore le ragioni di sempre: povertà, dittatura, guerra, carestia, ingiustizia sociale. Con, in aggiunta, i nostri disastri: la guerra del 2011 ha regalato la Libia alle milizie e ai trafficanti di uomini.
E’ ridicolo pensare che i profughi che sfuggono all’Isis e si rifugiano in Kurdistan sia diversi dai migranti che scappano dalla dittatura dell’Eritrea, dalla guerra degli islamisti in Mali o dalle persecuzioni di Boko Haram in Nigeria e approdano sulle nostre coste. Bisogna agire sulle cause delle migrazioni e recuperare al più presto una strategia di aiuto ai Paesi in via di sviluppo, per convincere i migranti a non partire. E nel frattempo, per l’emergenza in mare, fare l’unica cosa decente: soccorrere i naufraghi. Convincendo l’Europa più mediocre di sempre che nel mondo non ci sono solo i problemi dell’Ucraina o le manie da invasione sovietica dei Paesi del Nord.
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