Il “sì” della Corte costituzionale tedesca al cosiddetto Fondo Salva-Stati, emesso con clausole assai meno pesanti e vincolanti di quanto si poteva temere, ha una serie di ricadute pratiche immediate: tranquillizza i Paesi più in crisi, dalla Grecia alla Spagna, dal Portogallo all’Italia; tonifica le Borse (tutte in rialzo, tranne Londra); alza il prezzo delle speculazioni finanziarie (e infatti lo spread, cioè il differenziale tra i titoli di Stato tedeschi e quelli, per esempio, italiani, è ancora calato); rafforza il ruolo della Banca centrale europea e del suo governatore, Mario Draghi.
Ma l’effetto più importante, anche se lo vedremo dispiegarsi su un più lungo periodo, è quello di spazzar via una montagna di sciocchezze che si era andata aggiungendo alla crisi economica, appesantendola e rendendola di più difficile risoluzione proprio perché ostruiva il dibattito politico. In estrema sintesi:
- Per fare l’Europa, si è sentito spesso dire, non basta la moneta, occorre una più profonda unione spirituale e culturale. Vero, non basta la moneta. Ma una moneta unica è indispensabile. Inoltre, una moneta unica in un agglomerato di 17 Paesi lontani e da sempre divisi, è indiscutibilmente anche un fatto culturale e spirituale. Tra noi e la Finlandia, per dire, quale altro legame spirituale o culturale esiste più solido e importante dell’Euro? Per converso, la rinuncia alla propria moneta non è solo un fatto economico ma anche culturale e spirituale: vuol dire rinunciare a qualcosa di “proprio”, di “nazionale”, per partecipare a un’organizzazione più collettiva e sovrannazionale.
- Mettendo tutto il proprio peso (politico, economico e, di nuovo, culturale) nella difesa dell’Euro, la Germania chiude per sempre il demenziale dibattito su “restare – non restare” nell’Euro. E’ comprensibile che partecipino a una discussione insensata parte dei leghisti e parte dei grillini, ai quali giova la confusione. E’ deprecabile che qualche pseudo esperto si sia speso per sostenere una tesi (l’uscita dall’euro) che ha un valore solo retorico. Per fortuna, la gente è più saggia di così e ha capito una cosa peraltro evidente: nel mondo dei grandi blocchi economici, non c’è futuro fuori dall’Euro. Per nessuno, né per l’Italia asmatica di oggi né per la scoppiettante Germania (di ieri, forse, perché anche lì si vedono segnali di crisi). La Merkel e la Corte Costituzionale lo hanno detto forte e chiaro. Ovunque i cittadini hanno potuto esprimersi, votando o fornendo pareri ai sondaggi, questo è stato ribadito.
- I giudici costituzionali hanno posto la partecipazione tedesca al Fondo Salva-Stati non sotto la
tutela del Parlamento (cioè, i singoli interventi del Fondo non dovranno essere man mano approvati dal Bundestag) ma sotto la tutela di un criterio più pragmatico e insieme più alto. La Germania non potrà impegnarsi per somme superiori ai 190 miliardi di euro, il suo contributo attuale al Fondo (il più massiccio, pari al 27,14% della dotazione totale di 700 miliardi), senza avere un mandato del Parlamento. Il che vuol dire che la Germania accetta di sopportare il peso economico maggiore nella difesa dei singoli Paesi in crisi e della stabilità collettiva, accettando questa dimensione come normale, ordinaria. Ogni dimensione superiore dovrà avere il consenso dei rappresentanti del popolo tedesco, ma è l’altra parte dell’equazione quella che conta: la Germania si prende per intero la responsabilità che le tocca. Esattamente il contrario di quanto si temeva e di quanto andavano raccontando, cioè di una Germania solo impegnata a mettersi in tasca i dividendi della crisi.
- Per finire: il 40% delle esportazioni tedesche è indirizzato verso gli altri Paesi dell’area Euro. Il che significa che, difendendo l’Euro, la Germania difende anche se stessa. Il che significa, ancora, che anche la potente, orgogliosa e organizzata Germania accetta quanto si diceva prima: non c’è salute fuori dall’Euro.