SORPRESA: IL MAGHREB BRUCIA, L’ISLAM NO

Certo, a noi italiani si aggiunge la malinconia di un ministro degli Esteri che in Parlamento riferisce dei contatti con l’importante Stato di Santa Lucia, utili solo a inchiodare il nemico del Capo, e non del terremoto che sconvolge l’Egitto e l’intero Maghreb. Ma non è che gli altri abbiano fatto meglio. La Gran Bretagna, potenza due volte occupante (1882 e 1956) dell’Egitto, tace. La Francia, ex potenza coloniale, balbetta a sproposito, prima difende l’operato del dittatore tunisino Ben Alì e poi fa finta di non averlo mai conosciuto. La Spagna? Non pervenuta. Gli Usa non hanno ancora deciso se mollare Hosni Mubarak al suo destino o difenderlo.

I tumulti che scuotono la sponda Sud del Mediterraneo sono, in un certo senso, la chiusura perfetta e beffarda del decennio di George Bush e della sua amministrazione, delle due guerre (Iraq e Afghanistan) aperta e mai chiuse,

Il presidente (allora) Ben Alì saluta dal manifesto, le strade di Tunisi bruciano.

Il presidente (allora) Ben Alì saluta dal manifesto, le strade di Tunisi invece bruciano.

dell’ondata di propaganda e sciocchezze racchiusa nella definizione “scontro di civiltà”. Mentre lo scontro di civiltà vero, quello tra il capitalismo sregolato degli Usa e la dittatura morbida della Cina, si snodava fino a quella che pare la vittoria della Cina, noi andavamo in cerca di una presunta incompatibilità dell’islam con tutto: la libertà, lo sviluppo economico, qualunque minimo senso di umanità. Fallacismi e altre stupidaggini. Per ritrovarci oggi con mezzo Mediterraneo che, molto semplicemente, non ne può più di governanti lestofanti e incapaci, piccoli e grandi autocrati che, al posto di guidare Paesi poveri ma potenzialmente prosperi verso lo sviluppo, li chiudono in un sottosviluppo forzato.

Si leggono anche in questi giorni un sacco di banalità. Basterebbe avere il coraggio di ammettere che i tumulti del Maghreb non hanno nulla a che fare con l’islam né con il fondamentalismo islamico. Le proteste in Marocco sono scoppiate per il rincaro del 20% dei generi alimentari, poi annullato dal Governo. In Algeria la protesta si è rivolta contro il regime di Bouteflika, che incassa somme enormi con l’esportazione di gas e petrolio ma ha ancora il 23% della popolazione sotto la soglia della povertà (2 dollari al giorno), e contro uno Stato che dal 1992 governa con lo “stato d’emergenza”. In Libia, dove Gheddafi appoggiato su polizia ed esercito, i libici hanno sfidato i fucili perché, dopo essere stati espropriati delle terre, non avevano nemmeno un tetto sotto cui ripararsi. In Tunisia la gente si è liberata di Ben Alì, il satrapo ladrone che, con la disoccupazione al 15%, aveva intestato ai propri familiari quasi tutte le attività economiche del Paese. In Egitto l’ira si è rivolta contro Hosni Mubarak, al potere dal 1981, gestore di una finta democrazia che discrimina 10 milioni di cristiani e spende in corruzione il mare di aiuti che arrivano dagli Usa, pari al 10% del prodotto interno lordo del Paese. Che cosa c’entra l’islam?

In chiaro i Paesi che compongono il Maghreb.

In chiaro i Paesi che compongono il Maghreb.

E’ probabile, invece, che i fondamentalisti entrino pesantemente in gioco se in questi Paesi non cambierà nulla di significativo (la Tunisia sembra già avviata su questa strada) e l’Occidente non farà un gesto d’umiltà e mostrerà di aver capito la vera lezione degli eventi. Perché bisogna essere scemi a non capire che lanciare la parola d’ordine della libertà in Medio Oriente, proteggendo poi un lunga serie di dittatori e sfruttatori, è il sistema migliore per incentivare la simpatia verso l’islam radicale. Se non altro in base al vecchio principio che, se proprio devo sopportare un tiranno, preferisco che sia uno dei miei e non uno scelto da altri.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, le contraddizioni dell’Occidente è bene rimarcarle. Ma è bene ricordare che almeno Bush tentò di esercitare pressioni su Mubarak per obbligarlo ad approvare riforme in senso liberale (istruzione, parità uomo-donna, elezioni libere, ecc.). Mubarak accusò Bush di ingerenza e boicottò il G8 del 2004. Nel 2005 poi la Rice propose una legge di sospensione degli aiuti al Cairo se non fosse stato rilasciato il leader di al Ghad Ayman Nour e non si fossero indette vere elezioni. Bush ebbe anche dure parole contro la repressione del governo egiziano al Cairo nello stesso anno. La pressione americana però si allentò in base alle solite considerazioni geopolitiche, la necessità di avere alleati nell’area, per quanto evidentemente sputtanati sotto l’aspetto democratico, come ad es, anche l’ Arabia Saudita. Di sicuro comunque Mubarak & C. si sono sentiti più sicuri di fare i fatti loro con Obama che con Bush. Il dramma dei paesi arabi e musulmani è sempre quello di essere sospesi tra dittature burattinesche e teocrazie crudeli, con sullo sfondo il ricatto del sempre possibile inserimento del radicalismo islamico. E’ giusto affermare come tu fai: cosa c’entra l’Islam? Non c’entra direttamente perché prima viene il pane, ma di sicuro il fondamentalismo si prepara a entrare in campo in tutti quei paesi, dove peraltro non manca di basi “moderate” (se i Fratelli Musulmani sono moderati…). Bisognerà vedere gli sviluppi per farsi una idea più precisa. La mia impressione è che l’influenza occidentale conterà poco in politica; con quel caos tutto può succedere. La speranza è che prevalgano sbocchi di libertà democratica, confidando soprattutto nei social network.
    Infatti giurerei che la simultaneità di questi avvenimenti debba molto alla grande ascesa di possibilità comunicative date da Twitter e Facebook. Cosa ne pensi?

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,

    sull’ultimo punto sono molto d’accordo. Si replica trent’anni dopo quel che successo con l’Urss, sfiancata dalla comunicazione assai più che dalle Guerre Stellari (secondo me).
    Su Bush e Obama, come immagini, sono meno d’accordo. L’idea di portare la democrazia nei Paesi “canaglia”, dov’era più difficile farlo, e non nei Paesi “vicini” dov’era meno difficile è stata un grosso sbaglio, un’ottima propaganda per il fondamentalismo e si è risolta nella tragedia che sappiamo (sempre secondo me).
    Per ora in Egitto e Tunisia le proteste di piazza hanno bellamente ignorato le sirene dell’islamismo. Certo, questo è il momento in cui Usa, Italia, Francia e Spagna devono battere un colpo.

    Ciao, a presto
    Fulvio

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