ITALIA NUCLEARE 2: SICURI CHE CONVENGA?

Ma il nucleare conviene? La domanda pare retorica, perché i dubbi della maggior parte delle persone riguardano più la sicurezza degli impianti (e l’eventuale pericolosità delle scorie) che non l’economicità della scelta. Anzi, i più sono assolutamente convinti che l’energia costerebbe meno se passassimo al nucleare. Come sempre, mi dichiaro per primo: non sono sicurissimo che, una volta tirate tutte le somme, l’energia prodotta dal nucleare sarebbe così tanto più economica. Credo, però, che esista una convenienza di fondo, politica e tecnica, a liberarsi dalla dipendenza dai carburanti fossili: per conquistare maggiore autonomia rispetto ai Paesi produttori di petrolio e rispetto agli Usa (sempre molto concentrati sull’andamento del mercato petrolifero e sulle manovre per condizionarlo) e per avviare una gestione meno disastrosa delle risorse del pianeta. In quest’ottica, ovviamente, andrebbero promossi anche le energie rinnovabili e stili di vita meno “spendaccioni”. Ma il nucleare sarebbe comunque la base indispensabile.

      Impiantonucleare

      Detto questo, proviamo a fare due conti della serva. Diamo per scontato che un “programma nucleare” degno di questo nome per l’Italia significa almeno 4-5 centrali da 10 mila megawatt di potenza. Per costruirle occorrerebbe una decina d’anni. Secondo l’Enea, il preventivo è questo: “Il costo medio attuale di una centrale nucleare è di circa 2.000-2.200 euro/kWe installato, ovvero il costo in conto capitale di una centrale da 1000 MWe è di circa 2 miliardi di euro”. Una centrale da 10 mila megawatt, duque, potrebbe costare di sola costruzione intorni ai 5 miliardi di euro. Un po’ di realismo non può farci male, teniamo quindi conto anche del fatto che in Italia dieci anni di lavori significano preventivi che vanno a farsi benedire, intrallazzi, appalti a volte oscuri. E se l’economia non fosse in crisi come sappiamo, anche un po’ d’inflazione: 1-2% l’anno di sicuro.

      Poi c’è la questione dell’eliminazione dei vecchi impianti e dello stoccaggio delle scorie. Pochi sanno che nel 1989, dopo la chiusura dei programmi nucleari fino al 2021 in seguito al referendum del 1987, lo Stato italiano concesse all’Enel e alle altre aziende produttrici un risarcimento dovuto “al maggior onere determinato dalla anticipata chiusura delle centrali nucleari”. Questo risarcimento l’abbiamo pagato e continuiamo a pagarlo attraverso un’addizionale sulle bollette della luce che al 2021, secondo i calcoli di molti esperti e di organizzazioni ecologiste come Greenpeace, avrà prodotto la fantastica somma di 11 miliardi di euro.

      C’è poi la questione dello smaltimento dei rifiuti nucleari, cioè dei “detriti” prodotti dalle attività delle centrali, combustibile esausto e altro. Ancora l’Enea ci spiega di che cosa e di quanto materiale si tratta: “Ogni anno vengono prodotti circa 40.000 m3 di rifiuti radioattivi (90 cm3 per persona) nell’Unione Europea a 25, dove l’energia nucleare contribuisce per circa il 33% del fabbisogno complessivo di energia elettrica. La maggior parte di questi (circa 36.000 m3 per anno) sono rifiuti a bassa e media attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nel giro di qualche secolo. La quantità rimanente (circa 4.000 m3 per anno) è rappresentata da rifiuti ad alta attività e lunga vita, la cui radioattività impiega da migliaia a centinaia di migliaia di anni per decadere a valori trascurabili”. Che fare di questa immondizia che, sia pur in minima parte, rimane pericolosa per “migliaia di anni” e la cui mole cresce di anno in anno? La soluzione ideale è seppellirla, ma ad almeno 800 metri di profondità e in un terreno che garantisca assoluta stabilità (vietati smottamenti e terremoti) e impermeabilità.

      Un sito simile in Italia è già stato trovato a Scanzano Jonico (provincia di Martera, in Basilicata). Per attrezzarlo, ogni italiano (sempre attraverso la famosa bolletta elettrica) paga tra i 100 e i 110 euro l’anno dal 2001, cioè da quando il Governo Amato decise con apposito decreto di destinare 3,3 miliardi di euro allo stoccaggio (appunto a Scanzano) e smaltimento degli 80 mila metri cubi di scorie radioattive prodotte dalla breve stagione nucleare italiana.

      Questa è una prima unità di misura. Eccone un’altra. Gli Usa sono il Paese al mondo con la maggiore quantità di rifiuti radioattivi, più di 70 mila tonnellate. Assillati dal problema, gli americani hanno studiato a lungo e poi hanno deciso di concentrarli in un unico deposito costruito sotto il Monte Yucca, nel Nevada, non lontano dal sito dei primi esperimenti nucleari. Per i soli studi di fattibilità sono stati spesi quasi 7 miliardi di dollari e nel 2006 il preventivo dei lavori oscillava tra i 55 e i 60 miliardi di dollari (quasi 41 miliardi di euro). Certo, l’Italia non sarebbe come gli Usa, dove sono 104 i reattori nucleari attivi (e nemmeno come il Giappone, 53, o la Francia, 59), ma la spesa sarebbe comunque ingente.

C’è infine da esaminare un altro fattore, ci riporta, o almeno riporta me, alla considerazione iniziale per cui la scelta nucleare (a cui, ribadisco, sono favorevole senza fanatismi) andrebbe comunque accompagnata a tutta una serie di politiche di riduzione dei consumi e di sostegno alle energie rinnovabili. Il fattore è questo: attraverso il nucleare civile si può produrre solo energia elettrica, che in Italia forma più o meno il 20% dei consumi. Quasi altrettanto viene consumato da un settore agricolo ben lungi dall’aver ottimizzato i livelli di efficienza energetica. E ancor più se ne va in una politica dissennata dei trasporti, sbilanciati sul trasporto su gomma che cosuma petrolio. Insomma: il nucleare ci vuole ma non basta.  

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. Enrico Usvelli said:

    Scusa se rompo ancora. Tu dici che il nucleare ci libera dai produttori di petrolio e in parte dagli USA. OK, ma noi non abbiamo miniere di uranio, quindi non rischiamo di cadere dalla padella dei paesi produttori di petrolio nella brace di quelli produttori di uranio?
    E non credi che se il nucleare acquisterà un’importanza pari al petrolio gli USA manovreranno per controllare anche l’uranio?

  2. Enrico Usvelli said:

    Sono d’accordo sulla necessità di ridurre i consumi: spegnere il ‘puntino rosso’ della TV va benissimo, ma non pensiamo che fatto quello siamo a posto, dovremmo e potremmo fare ben altro.
    Liberiamoci dalla schiavitù del petrolio, OK, ma non siamo neanche produttori di uranio. Cosa cambia allora da quel punto di vista?

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