ITALIA NUCLEARE 1: IL GOVERNO E LE TRAPPOLE DELLA GEOGRAFIA

Breve ma duplice premessa. Primo: nel 1987, al referendum abrogativo sul nucleare, rifiutai di andare a votare perché trovavo vergognoso che i più preparati e più responsabili (la classe politica) scaricassero il peso di una scelta strategica sulle spalle dei meno preparati e meno responsabili (i cittadini elettori). Secondo: col tempo mi sono convinto che l’approdo al nucleare sia inevitabile per ragioni economiche e ambientali e, a certe condizioni, proficuo. Questo per dichiarare fin dall’inizio come la penso. E per spiegare che, proprio perché la penso così, cerco qualcuno che faccia l’avvocato del diavolo, per testare le mie convinzioni e sfuggire al pregiudizio ideologico, devastante quando bisogna affrontare problemi ad alta valenza tecnologica. Così varo una piccola serie sul tema del nucleare in Italia: 1 – il problema territoriale-politico; 2 – il problema della convenienza economica; 3 – il problema delle scorie.

Nucleare1

IL PROBLEMA TERRITORIALE-POLITICO

      Nuove centrali, d’accordo. Ma per metterle dove? Pochi ricordano che entro il 15 febbraio il Governo dovrebbe emanare quattro provvedimenti tecnici, uno dei quali deve stabilire dove non si possono costruire centrali. Sulla base di questa mappa al contrario (cioè per esclusione), chi vorrà costruire centrali farà le sue proposte alla costituenda (anche lei) Agenzia per la sicurezza nucleare. Ammettiamo che  il Governo riesca a rispettare la scadenza e che l’Agenzia sia pronta a operare. Resta il fatto che l’Italia, stretta e lunga, piena di montagne e ricca di siti con vincoli naturalistici o archeologici, non abbonda di aree utili al nucleare.

      E infatti è tornata d’attualità la mappa dei potenziali “luoghi da centrale” elaborata giusto trent’anni fa, nel 1979, dal Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare, fondato nel 1960 e trasformato nell’Enea nel 1982), con giusto qualche aggiunta rispetto ai già noti Trino Vercellese, Caorso, Montalto di Castro, Latina, foce del Garigliano: Oristano in Sardegna, Palma in Sicilia, Monfalcone in Friuli-Venezia Giulia. Diamo un’occhiata alla cartina, che pubblico sia nella versione originale del Cnen sia in quella rielaborata (e resa più chiara) dal Corriere della Sera

     

La mappa originale del Cnen (1979) dei potenziali siti nucleari.

La mappa originale del Cnen (1979) con i siti ritenuti più adatti per l'eventuale costruzione di centrali nucleari.

  

La stessa mappa, resa più leggibile dalla rielaborazione del "Corriere della Sera".

La stessa mappa, resa più leggibile dalla rielaborazione del "Corriere della Sera".

     Prima questione: la mappa del Cnen è ancora valida? Trent’anni sono molti, per un Paese fittamente popolato come l’Italia: aree prima spoglie sono ora piene di centri abitati o attraversate da vie di comunicazione di primaria importanza. Ma ci si mette anche la natura. Per dire: la foce del Garigliano, il delta del Po tra Veneto e Friuli e la costa in prossimità di Montalto di Castro, che il Cnen aveva giudicato adatti, nei primi anni Ottanta furono invece considerati a rischio inondazione dall’Enea.

      Certo, le aree adatte rispetto a incremento della popolazione, diffusione delle vie di comunicazione, mutate condizioni geografiche, tuttora non mancano: in Piemonte (provincia di Vercelli e dei Biella), Lombardia (l’Oltrepò pavese, le province di Mantova e Cremona), e poi in Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna. Un’ulteriore selezione, però, dev’esser fatta sulla base del rischio sismico, relativamente alto un po’ in tutta Italia. A essere un po’ rigorosi, resterebbero la provincia di Vercelli in Piemonte, l’Oltrepò pavese e la provincia di Pavia in Lombardia, l’isola di Pianosa in Toscana e l’Ogliastra in Sardegna. Un po’ poco per sistemare le nuove centrali, che per cambiare davvero qualcosa nel rapporto dell’Italia con l’energia dovrebbero essere una decina a regime e quattro in una prima fase.

   Diciamo che fin qui abbiamo ragionato da ambientalisti allarmisti. Che i posti adatti alla costruzione di una centrale e sicuri siano più di quelli rimasti dalla nostra selezione. Le questioni da risolvere sono ancora numerose. Ecco la prima: ci sono già 10 regioni che hanno impugnato di fronte alla Corte Costituzionale la legge che, appunto, regola l’identificazione dei nuovi siti per le centrali. Tali regioni sono Calabria, Toscana, Liguria, Piemonta, Emilia Romagna, Lazio, Basilicata, Umbria, Marche e Puglia. Quest’ultima ha appena approvato una legge regionale che stabilisce che “il territorio è precluso all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”. Regioni di sinistra? Anche. Ma sono pronto a scommettere che anche gli elettori di destra sarebbero ben contenti, a torto o a ragione, di non trovarsi una centrale nucleare nel territorio della regione o della provincia. 

      Sono malizioso? Forse. Però guardate che cosa è successo con il Veneto che, secondo alcune indiscrezioni peraltro non confermata da Claudio Scajola (ministro dello Sviluppo economico), potrebbe essere la prima regione chiamata in causa con la costruzione di una centrale nell’area del Polesine. Il presidente della regione Galan ha messo le mani avanti e ha spiegato che “a causa del fenomeno della subsidenza l’area del Polesine e Chioggia non sono proprio adatte”. Un altro veneto, il ministro dell’Agricoltura Zaia, ha invece detto che “il Veneto ha un’antropizzazione talmente spinta che non riesco proprio a immaginare possibili collocazioni”. Per la cronaca: “subsidenza” vuol dire che il terreno lentamente sprofonda, “antropizzazione” che c’è troppa gente. 

      Questo è quanto, e dichiarazioni simili ne sentiremo molte, dalla Lombardia al Piemonte, da chi è perfettamente concorde con la politica del Governo (Galan e Zaia lo sono) e da chi invece l’avversa in ogni modo. Sono anche curioso di vedere quale sarò la politica della Lega Nord in proposito. Secondo me, visto che la centrale in giardino non la vogliono nemmeno i berlusconiani lombardi o i fan di Bossi, cominceranno a dire che il Nord fa già troppo per il Paese e che le centrali devono essere sistemate nelle regioni del Sud. Sarebbe un ottimo sistema per far saltare tutto, dal piano energetico del Governo all’equilibrio politico di diverse regioni, a partire da quella Sicilia dove la maggioranza ha già le sue belle grane. Siamo tutti di memoria corte ma teniamo presente che c’è voluto l’esercito per fare le discariche intorno a Napoli.

(1. continua)

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

4 Commenti

  1. Enrico Usvelli said:

    Mi sfugge che problema possa rappresentare l’antropizzazione

  2. Enrico Usvelli said:

    Mi permetto di suggerire un problema che forse non hai preso in considerazione.
    Ho letto che in Italia, specie in estate, non avremmo abbastanza acqua per raffreddare le centrali.

  3. Fulvio Scaglione said:

    Caro Enrico,
    dell’acqua non so, devo dire che mi stupirebbe se tecnici, scienziati e politici, messi insieme, facessero la topica di costruire centrali per poi scoprire che non riescono a raffreddarle.
    Quanto all’antropizzazione: dicesi antropizzazione “il processo mediante il quale l’uomo modifica l’ambiente naturale”, ovviamente secondo le proprie esigenze. Nell’uso che il ministro Zaia fa del termine, posso tirare a indovinare i seguenti significati: 1. l’ambiente naturale è diventato troppo “umano”, cioè troppo pieno di presenza umana 2. non c’è spazio per un impianto come una centrale.
    Obiezione al punto 1: non vorrà dire che è troppo pericoloso costruire una centrale? Obiezione al punto 2: quasi tutto il Nord è in quelle condizioni, quindi dove le facciamo queste benedette centrali?
    Ciao, a presto

    Fulvio

  4. Enrico Usvelli said:

    Caro Fulvio,
    con veloce ricerca ho trovato chi l’ha detto: Jeremy Rifkin (mi pare l’anno scorso quando è venuto in Italia).

    Jeremy Rifkin scrive al riguardo.
    “E infine, una cosa che tutti dovrebbero discutere col vicino di casa: non abbiamo acqua! Questo le aziende energetiche lo sanno ma la gente no. Prendete la Francia, la quintessenza dell’energia atomica, prodotta per il 70%. Questo e’ quello che la gente non sa: il 40% di tutta l’acqua consumata in Francia lo scorso anno, e’ servita a raffreddare i reattori nucleari. Il 40%. Vi ricordate tre anni fa, quando molti anziani in Francia morirono durante l’estate perché l’aria condizionata era scarsa? Quello che non sapete è che non ci fu abbastanza acqua per raffreddare i reattori nucleari, che dovettero diminuire la loro produzione di elettricità.”

    Qualcuno magari non lo sa e a qualcun altro interessa poco perchè il guadagno ce l’ha nel costruire le centrali, il dopo è indifferente.

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