SVIZZERA: MEGLIO I MISSILI O I MINARETI?

Come ormai tutti sappiamo, la Svizzera, paradiso dei referendum d’iniziativa popolare, ha pronunciato un “no” e un “sì” pesanti. No alla possibilità di edificare nuovi minareti, con il 57,5% dei voti (e la maggioranza in 24 cantoni su 26); sì alla possibilità di esportare armi, con il 67,9% dei voti (maggioranza in 26 cantoni su 26). Sono questioni molto diverse tra loro ma la coincidenza, certo non voluta dai promotori dei referendum (da un lato la destra populista dell’Udc e la destra cristiana dell’Udf, dall’altro una coalizione di movimenti di sinistra radunati nel Gruppo per una Svizzera senza esercito), le accomuna e rende l’esito del voto ancor più interessante.

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      Al contrario di molti, non sono particolarmente indignato o scandalizzato per il voto contro i minareti, almeno quando lo esamino in modo a se stante. Non perché la pensi come quelli (dal ministro Maroni a Souad Sbai, portavoce delle donne marocchine in Italia) che dicono che il parere del popolo è sempre sovrano. Certo che sì, ma non sempre è ragionevole e giusto. Che dire, allora, di quando il popolo algerino scelse in regolari elezioni, all’inizio degli anni Novanta, gli estremisti islamici del Fis? O di quando i tedeschi scelsero Hitler nel 1933? Il popolo fa anche le sue belle cazzate, e più spesso di quanto ci piaccia ammettere. Se però gli svizzeri non vogliono altri minareti oltre ai pochissimi (4 in tutto il Paese) che già devono sopportare, in fondo sono affari loro. Non dimentichiamo che in Svizzera il 5% della popolazione (su 7,5 milioni di abitanti) che pratica la fede islamica dispone di 200 luoghi di culto regolarmente censiti e autorizzati, dove nessuno si sogna di portare al pascolo i maiali come invece avviene da noi.

      Naturalmente, io non avrei votato in quel modo. Perché le dichiarazioni sono una cosa e la realtà un’altra: i politici svizzeri si affannano a dire che non si tratta di un voto “contro l’islam” ma tutti capiamo benissimo che invece proprio di quello si tratta e che la costruzione dei minareti è una scusa, tutt’al più un simbolo. La penso esattamente come la Conferenza episcopale svizzera, che in un suo comunicato dice: “Per i vescovi, la decisione del popolo rappresenta un ostacolo e una grande sfida sul cammino dell’integrazione nel dialogo e nel mutuo rispetto. E’ chiaro che non si è riusciti a mostrare al popolo che il divieto alla costruzione dei minareti non contribuisce a una sana coabitazione delle religioni e delle culture, ma al contrario la rende più difficile. La campagna, con le sue esagerazioni e le sue caricature, ha dimostrato che la pace religiosa non è mai garantita e deve essere sempre difesa”. Un modo molto vescovile di dire: bella stupidata abbiamo fatto. Dopo di che, stracciarsi le vesti e far passare la tollerante Svizzera per un angolo repressivo d’Europa, secondo me è altrettanto sbagliato.

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      Però… Il mio però in effetti è legato soprattutto all’altro referendum, quello che ha ripetuto il via libera (era già successo nel 1969 e nel 1997)  all’esportazione di armi. Ecco perché. Intanto: la Svizzera non è il Paese più neutrale del mondo? O è neutrale solo nel senso che accetta quattrini da tutti, dittatori africani e gerarchi nazisti compresi? Ma vabbè, passiamo oltre. Tra il 2003 e il 2005 la Svizzera ha totalizzato quasi l’1% del totale mondiale dell’esportazione di armi, non male per una popolazione così ridotta. Tant’è vero che se uno va a vedere la classifica mondiale dei Paesi esportatori di armi convenzionali in rapporto al Prodotto interno lordo di ogni singola nazionale, trova la Svizzera saldamente insediata sul dodicesimo gradino, in compagnia della Belorussia, dell’Ucraina, della Georgia, dell’Uzbekistan. Per finire: è di proprietà dello Stato svizzero la Ruag, cioè il primo produttore europeo di munizioni per armi di piccolo calibro. Presso l’Onu è attivo dal 2001 uno speciale Programma d’azione contro le armi di piccolo calibro proprio perché, dopo tanto parlare di una guerra atomica che non è mai arrivata, ci si era accorti che nella realtà quotidiana erano pistole e fucili a uccidere, per un totale di quasi 300 mila vittime l’anno.

      Mi rendo conto che fermare un’industria tanto redditizia sarebbe stato un enorme impegno per la Svizzera e per il suo sistema sociale. Ma l’accoppiata dei due voti rende perfettamente l’idea di un’Europa sempre più chiusa su se stessa e sempre più incline a credere che la minuscola dimensione del villaggio, del comune, del cantone, della regione, possa essere usata come uno schermo rispetto ai dolori e ai problemi del mondo. Niente di più illusorio e la Svizzera dovrebbe saperlo meglio di altri, visti i problemi che le ha procurato un provvedimento in fondo banale come lo “scudo fiscale” varato, ai suoi confini, proprio dall’Italia. Lo scopriranno i cugini d’Oltralpe e lo scopriremo anche noi.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

4 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, interessante il tuo raffronto tra i due referendum, mi pare che non ci abbiano pensato altri tuoi colleghi. Non credo che la questione della bocciatura dei minareti sia così drammatica, anzi. Comunque, Padre Livio Fanzaga ha rilevato che i difensori dei minareti sono gli stessi che hanno condiviso il pronunciamento della Corte di Strasburgo sul crocifisso e questo induce un certo sospetto. Di sicuro è una rozza cretinata la proposta di Castelli del crocifisso sulla bandiera: d’altronde rilevo che nella costruzione delle recenti grandiose chiese post-moderne commissionate dalla Chiesa a fior di architettoni, quello che manca sempre è il campanile! E quando c’è assomiglia più a una rampa missilistica che a un campanile…Ecco, mi sembra che la Chiesa troppo spesso viva nel segno della stranezza, della rinuncia, del nascondimento della propria identità, nella Kenosis (svuotamento) direbbe Enzo Bianchi. E i minareti sono come le pale eoliche alte 100 metri che adesso vogliono mettere dalle mie parti, affidando la decisione finale a un referendum comunale.: bisogna pensarci bene, ma proprio bene perchè poi rimarranno per sempre e non sono per tutti un bel vedere (a differenza dei campanili…) E comunque, come tu hai scritto, nessuno perseguita i musulmani in Svizzera o in Italia, né impedisce loro di pregare in moschea. Altro è permettere la costruzione di un simbolo cogente (la spada dell’Islam come disse Erdogan) e inquietante, alte torri che finiranno per essere fonte di intolleranza e sospetto reciproco, che lo si voglia o no.
    A presto

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    la speculazione sui simboli religiosi (e, in definitiva, sulla religione) è una costante del nostro tempo. Da ogni parte, perché ciò che dice don Livio è vero, ma è anche vero che i suoi amati leghisti, oggi esaltatori della Croce, sono quelli che si sono sposati col rito celtico e che fino a ieri adoravano il dio Po, in un’orgia non tanto di blasfemia ma di idiozia. Va così, che ti devo dire… Posso solo ricordare l’esperienza che a suo tempo ho fatto con i russi. Loro, ortodossi, detestavano l’ecumenismo cheap, quello del genere “siamo tutti uguali, vogliamoci bene”. Per loro volersi bene era possibile solo una volta stabilito, senza tante moine, chi era chi. L’identità, quando non speculativa o strumentale, aiuta il dalogo, non lo ostacola.
    Ciao, a presto

    Fulvio

  3. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, purtroppo noi cattolici tiriamo più al protestantesimo che alla ortodossia, che ha le sue chiusure ma anche i suoi punti fermi, come tu racconti…comunque mi è venuta all’occhio una dichiarazione di Samir Khalil Samir, che tu conosci bene per averlo intervistato nel tuo ultimo libro, e che parla quasi come un leghista (però illuminato).
    Dice Samir:” i musulmani devono vivere tra noi in una situazione di accoglienza, ma anche di minoranza. Ed essendo una minoranza, non possono comportarsi in tutto come nei paesi islamici dove essi sono la maggioranza.” E dove, come egli raccontava in quella intervista, il sistema giuridico garantisce il dominio assoluto dell’Islam in ogni settore, “sistema perfetto, da cui il cristianesimo avrebbe molto da imparare”, una specie di gabbia divina.”
    Siccome il cristianesimo non ha nessuna intenzione o capacità di creare gabbie come l’Islam, credo che convenga rallegrarsi della laica e libera decisione svizzera che se non altro preserverà molte orecchie dal canto monotono e ossessivo dei muezzin, oltre che il paesaggio dalla deturpazione architettonica di costruzioni che simboleggiano conquista (ci sarebbe anche la gara dell’altezza immagino).
    In attesa, si capisce, di una riforma interna dei caratteri totalitari di quella religione, e dell’introduzione di elementi di pace e non di dominio, meglio fidarsi dei nostri confini, che sono anche garanzia di rispetto e di libertà .

  4. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    io sono d’accordo con padre Samir, il quale peraltro, essendo un egiziano che vive in Libano, ha molto sviluppato quel senso del “confine” che aiuta a campare in pace. I leghisti, poveretti, lasciamoli in pace a fare le loro speculazioni elettorali. Sono d’accordo con te: i musulmani, da noi, si abituino a vivere da minoranza quale sono. Per questo ci sono le leggi (dalle leggi elettorali giù giù fino al codice della strada), che esistono apposta per tutelare le minoranze senza confonderle con le maggioranza. Su questo, inflessibili. Anche perché è proprio questo che ci rende diversi dagli Stati islamici, dove invece le leggi sono fatte per tutelare solo la maggioranza. Che è poi lo stesso senso in cui opera il leghismo: sempre nuove leggi per tutelare la maggioranza, un islamismo celtico premoderno e retrogrado.
    Ciao, a presto

    Fulvio

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