FOTOSTORIA: IL “GUGGENHEIM” DI BILBAO, QUANDO IL MUSEO GIOCA CON LA CITTA’ (E LA SALVA)

Mi son tolto un vecchio desiderio: andare a Bilbao (Spagna) a visitare il Museo Guggenheim. Il caso ha voluto che fossi là proprio mentre in Italia registi, attori e tecnici scendevano in piazza per protestare contro i tagli ai finanziamenti del settore cultura previsti dal Governo Berlusconi. E proprio mentre qualche bello spirito invocava i poteri del mercato per risanare un settore in effetti malato di assistenzialismo. Per carità, lo sappiamo tutti che fin troppo spesso i quattrini dello Stato sono andati a finanziare opere (cinematografiche, teatrali, musicali) inguardabili e inguardate, o a gratificare i tentativi di artisti tali solo per sponsorizzazione politica. Ma in quale epoca della storia dell’uomo la produzione artistica di qualità è stata finanziata solo dal mercato? Quanti geni hanno potuto esprimersi solo perché finanziati a fondo perduto da principi, re e papi? Il mercato, da noi, oggi chiede veline e calciatori. E poi, in Italia, quanti mecenati illuminati come Solomon Guggenheim ci sono?

  

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      Il Museo Guggenheim sullo sfondo delle strade di Bilbao, con il cane di fiori “Puppy” di Jeff  Koons a far la guardia.

      In Italia non ci sono i Guggenheim e non c’è nemmeno l’abitudine ad andarli a cercare e a stimolarli a lavorare con le istituzioni pubbliche. Qui, nel Paese Basco, l’alleanza tra la Fondazione Guggenheim, il Governo Basco e la Diputacion Foraia de Bizkaia è diventata il motore di una collaborazione tra istituzioni locali e aziende private che ha prodotto… un capolavoro, forse un miracolo.

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      Il Museo: ricoperto di lamine di titanio, il Guggenheim somiglia a una nave, a un pesce, a un veicolo spaziale.

      Quando dico miracolo non mi riferisco alla visionaria struttura progettata dall’architetto canadese Frank Gehry, che è in sé un capolavoro d’arte moderna, non si sa se più sorprendente fuori o dentro. E nemmeno alla miriade di esperienze sensoriali che i 24 mila metri quadrati della sua superficie, con spazi e volumi connessi in modo imprevedibile, consentono al visitatore. Mi riferisco, invece, all’inserimento del Museo nella città e all’effetto trainante che la presenza di un “centro” di cultura così moderno esercita su una città vivace, simpatica ma non centralissima come Bilbao.

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      Due delle installazioni esposte al Guggenheim. L’atrio, a cui queste immagini si riferiscono, è alto 40 metri.

      Il Guggenheim sorge su una delle rive del Ria de Bilbao, il fiume contornato da una lunga schiera di magazzini, un tempo fulcro dei commerci regionali, poi declinato con l’avvento della città industriale e della motorizzazione. Proprio l’arrivo del Museo, inaugurato nel 1997, ha imposto e consentito il recupero e la rivalutazione di tutta l’area. Imposto, perché il turismo internazionale non poteva essere messo di fronte a uno spettacolo di decadenza e disuso; consentito, perché proprio aver realizzato un’impresa straordinaria come la costruzione del Museo (un solo esempio: le migliaia di lastre di titanio, fabbricate in Russia, dovettero essere in larga parte “limate” perché le misure non erano perfette, inoltre cominciariono presto a ossidarsi proprio a causa dell’umidità causata dal fiume) diede a istituzioni e imprenditori la fiducia necessaria per mettere mano anche a un quartiere storico di Bilbao. 

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      Ecco uno dei giardini sorti sulla riva del Ria de Bilbao nei pressi del Guggeheim. Sullo sfondo si vedono alcuni dei vecchi magazzini del commercio fluviale, oggi in gran parte recuperati e riportati al vecchio splendore.

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      Ancora nello spazio del Guggenheim: una scultura moderna, il fiume, il ponte che fa da porta d’accesso alla città. Da notare che il ponte ha accettato di modificarsi per essere in tono con l’architettura e l’ambiente del Museo.

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      Un’altra angolazione dell’immagine precedente (in questa foto, il ragno appare in basso a sinistra). La struttura grigia in titanio che spunta appena oltre il ponte è un “pezzo” del Guggenheim ma non contiene nulla. E’ una torre-scultura che accentua il gioco tra città e Museo, che entrano una nell’altro e viceversa, senza conflitto.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

3 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Noi invece abbiamo Fuksas, quel genio che diede dell’ignorante a Berlusconi per una citazione latina che invece era esatta. Hai visto l’orribile cubo di Foligno?

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    no, non l’ho visto. Ma al di la’ di questa o quell’opera, sono sicuro che ti farebbe impressione l’interazione tra il Guggenheim e il resto della citta’, cioe’ tra spazio specifico e spazio pubblico, generale. Noi non ci siamo abituati.
    Ciao, a presto

    Fulvio

  3. fabio cangiotti said:

    Il confronto tra la capacità di inserire elementi architettonici moderni in armonia con l’esistente di certe città straniere è impietoso per noi. La chiesa di Foligno è talmente brutta da rasentare la blasfemia anticristiana.

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