LA SPAGNA DI ZAPATERO CACCIA IL CROCEFISSO DALLE SCUOLE E LO STATO SI RITROVA PIU’ DEBOLE

      Fa discutere, e giustamente, la sentenza  con cui un giudice della regione Castilla-Leon, in Spagna, ha decretato che il crocefisso ed eventuali altri simboli cattolici dovranno essere eliminati dalle aule di una scuola pubblica. Sentenza che farà giurisprudenza e intanto offre un robusto appiglio a ultralaici, ateisti e piantagrane assortiti, oltre a costituire che un fondamento giuridico per la linea politica del Governo Zapatero, che nel giugno scorso ha già deciso di non svolgere più funerali di Stato nelle chiese e di togliere i simboli cristiani dagli edifici statali (le scuole dipendono invece dalla regioni).

      Sia chiaro: io non credo che la forza di una fede si misuri nella quantità di simboli esposti nei luoghi pubblici. Anzi, la storia ci insegna che spesso il cristianesimo è stato particolarmente forte e vivace in epoche di discriminazione, persecuzione e addirittura pericolo. Al contrario, temo che questa deriva incosciente risultati assai insidiosa per lo Stato e per le sue fondamenta che non sono giuridiche o politiche ma storiche e culturali. E’ la condivisione di una storia e di una cultura comuni (in una parola: di una civiltà) a produrre le leggi e i Governi, non il contrario. Questa storia e questa cultura hanno a loro volta un fondamento, un archetipo, un’origine. E non v’è dubbio che per la Spagna, come per l’Italia del resto, questa origine riposi nel pensiero e nella morale del Cristianesimo.

      Poi si può essere o diventare ciò che si vuole: spiriti religiosi o ateisti incalliti. Esiste il libero arbitrio, no? La libertà dell’individuo, padrone di fare di sé ciò che meglio crede, non è in discussione, almeno non nella prospettiva dello Stato. Tale libertà, però, si esercita dal presente verso il futuro, certo non ha il potere (e nemmeno il diritto) di riscrivere la storia. In altre parole: se pure da domani tutti gli spagnoli diventassero atei, resterebbe il fatto che il loro Paese e il loro regime democratico sono un prodotto dell’origine cristiana.

      La rimozione dei crocefissi e dei simboli cristiani è dunque il patetico succedaneo di una riscrittura della storia che non ha molto senso pratico, ma un effetto sicuro: rendere ancora più confusa e fragile l’identità collettiva. Un autolesionismo insensato che conferma, almeno ai miei occhi, ciò che penso da tempo: le fragilità dell’Occidente sono tutte interne e non dipendono per nulla dal presunto “scontro di civiltà” o dall’aggressività della umma (comunità) musulmana.

    E a proposito di islam. La Spagna è a un tiro di fionda dall’Africa del Nord ma i musulmani sono solo il 3% della popolazione. Siamo sulla media europea, che i demografi prevedono in crescita fino al 5-8% del 2025, per poi stabilizzarsi e fermarsi. Sottolineo il dato perché ho letto in questi giorni alcune curiose dichiarazioni di Enzo Marzo, presidente di Critica Liberale. Tutto contento per la decisione presa in Spagna, Marzo preconizza che presto “sarà fisiologico togliere il crocefisso anche dalle nostre scuole”, a causa della “crescita inarrestabile” del tasso di laicità e perché la Chiesa dovrà rendersi conto dell’impossibilità di conservare il crocefisso “in scuole pubbliche a maggioranza musulmana”.

    Ma di quali scuole “a maggioranza musulmana” stiamo parlando, se i musulmani sono destinati a rimanere una piccolissima, e di fatto ininfluente, minoranza all’interno della popolazione italiana ed europea? Certi argomenti lasciamoli a Borghezio. A me non pare casuale che chi più si batte per dare un colpo di spugna alla storia del nostro Paese (che nel bene e nel male è, indubitabilmente, una storia cristiana) abbia anche idee così approssimative sul futuro del Paese stesso. E altrettanto evidente mi pare che solo una grande confusione sulle proprie origini e, dunque, sulla propria identità possa produrre un così grande timore degli altri e delle altrui culture. Saremmo tutti assai più tranquilli, anche a proposito dell’islam, se ci ricordassimo bene chi siamo e da dove veniamo.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. mirella said:

    Mah… io non mi scalderei troppo. Preferirei vedere i cattolici (miei confratelli) scaldarsi per la difesa dei cristi in carne e ossa, quelli bruciati sulle panchine delle città o quelli inchiodati a macchine implacabili che impediscono loro di entrare nella pace di Dio, piuttosto che per quella suppellettile a forma di Cristo, ormai vissuta come un idoletto di pagana memoria…

    Scusa, sai che sono un po’ eretica.
    Ciao, mirella

  2. Fulvio Scaglione said:

    Cara Mirella,

    quanto tempo… Tu lo sai, ho grande passione per le eretiche. E infatti non mi scaldo troppo, comunque non per la Chiesa,che semmai da vicende come questa può trarre nuobva energia. Mi preoccupo, però, per lo Stato. non capisco che cosa ci guadagni lo Stato spagnolo a far finta di essere ciò che non è. Si può essere laici e persino atei senza rinnegare il fatto che la storia della Spagna è cristiana.
    Quanto ai Cristi in carne e ossa: è vero, oggi sono gli ultimi a essere presi in considerazione. Per questo, ti rimando al post sull’Iraq che sto per imbucare.
    Ciao, abbracci da reduce.

    Fulvio

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