Dolcetto o scherzetto? Ieri due gruppi di bambini hanno suonato alla mia porta per rivolgermi la classica domanda di Halloween. Carini, gentili, sorridenti, una festa per gli occhi. Mi sono sentito quindi anche un po’ in colpa perché, per essere sincero, questa storia di Halloween proprio non mi va giù.
Ho letto dotte e acute interpretazioni di questa “festa”, del senso di morte che essa incarna (incarnerebbe), del vuoto spirituale che sottintende, dei rimandi pagani che più o meno nasconde. Non discuto, non sono un etnologo e non sono all’altezza. Dell’Halloween de noantri a me dà fastidio un altro aspetto. Provate a pensare a dieci anni fa, forse anche meno. I più aggiornati sapevano di Halloween attraverso i libri e le cronache americane. Da noi non si festeggiava un bel nulla, anche se pure dalle nostre parti tradizioni analoghe o similari non mancano. Faccio esempi che conosco perché mi riguardano: da ragazzino (quindi diciamo un quarant’anni fa) in molti paesini del Monferrato (terra dei miei nonni) a un certo punto dell’autunno spuntavano le zucche scavate, con un mozzicone di candela acceso dentro. E nelle Langhe, dove ho vissuto poi da ragazzo e oltre, è lunga la tradizione delle “masche”, incrocio tra streghe ed erinni che popolano i boschi e i campi della collina e della mezza montagna.
Qualche anno fa, però, i negozi hanno cominciato a riempirsi di orridi gadget plastificati, tutti uguali, che rimandano non alle nostre vecchie tradizioni ma alle abitudini americane. La televisione e le solite celebrities, che nemmeno per sbaglio si perderebbero una nuova moda, hanno fatto il resto. Le zucche, ormai passate dal rango di ottimo ingrediente della cucina tipica a oggetto sconosciuto per le giovani mamme, sono di nuovo spuntate sui banconi dei fruttivendoli. Ma come oggetto ornamentale per la festa di recente importazione, con prezzo ovviamente adeguato al nuovo status di capriccio per i bambini.
In altre parole ancora, mi dà fastidio vedere con quanta facilità abbocchiamo ai tranelli commerciali, ai trucchetti del marketing, alle mediocri imboscate delle mode inventate a tavolino. Con quanta frequenza riveliamo la nostra vocazione provinciale adottando abitudini altrui o dedicandoci a consumi come il fast food, ridicolo nel Paese che ha inventato la pizza e non solo quella. Insomma, con quanta facilità mostriamo la nostra intima essenza di Paese in fondo suddito, non molto capace di analisi critica, alla fin fine poco conscio di sé e quindi pronto a parlare di patria ma non a sentirsi tale.
E poi, consentitemi di fare anche un po’ il bacchettone cattolico. Pazienza per i piccolini, deliziosi, che sono scappati via felici con un po’ di torrone e qualche biscotto al cioccolato. Ma i più grandicelli e i loro genitori lo sapranno che Halloween deriva da All Hallows Eve, che vuol dire “vigilia di Ognissanti”? Non che cambi molto, se per la festina di tuo figlio sei disposto a comprare una zucca al prezzo di un soprammobile d’argento. Però ricordarsi che c’entra con questo e con la memoria dei defunti, più che con la pubblicità Tv, non sarebbe male.
Anche io dalla mia NonParrocchia bacchettoneggio su questo tema (ma italianamente accomapgno i miei figli alle feste di Halloween); ti giro un sonetto dell’amico Gigi su questo tema.
Ciao
Cacioman
HALLOWEEN
Ce sò li Santi e puro li Defunti,
prima la festa e doppo la memoria
p’aricordà l’amichi e li congiunti.
La rifressione doppo la bardoria.
Li tempi sò cammiati. Se sò aggiunti
l’usi d’artri paesi, n’artra storia
che ce porta le maschere: li spunti
peffà scherzetti e ’n pò de pappatoria.
Streghe, fantasmi, cose assai pacchiane
fatte da regazzini mai cresciuti
per imità le usanze americane
e scordasse li pori deceduti.
Tanto de loro cosa n’arimane?
Solo ‘na croce a l’arberi pizzuti.
Gigi
Caro Cacioman,
grazie a te e, soprattutto, a Gigi per il contributo in versi. E grazie anche per la compagnia: bacchettone sì, ma non da solo.
A presto, ciao
Fulvio
L’America è grande, ma noi siamo soliti copiarne o prenderne il peggio. Questa Halloween è una specie di carnevale di autunno che come genitore sono costretto ahimè a subire.
Caro Fabio,
i figli so’ piezz’e core.
un solidale ciao
Fulvio