CONTRORDINE COMPAGNI: TIMOSHENKO, NON PASIONARIA MA COMPLICE DI PUTIN.

      Avete presente l’avvelenamento subito da Viktor Jushenko, attuale presidente (nonché ex governatore della Banca Centrale ed ex primo ministro) dell’Ucraina? Ma sì, non fate finta di non capire: l’avvelenamento alla diossina, quello che lo ha sfigurato non essendo riuscito a ucciderlo, l’avvelenamento organizzato dai russi, quasi certamente da Vladimir Putin. Bene: contrordine compagni. Là dove leggevasi “Putin” bisogna ora leggere “Timoshenko”.      Sì, proprio lei, la pasionaria antirussa che nel 2004, durante la celebrata Rivoluzione Arancione che portò all’annullamento delle prime elezioni presidenziali (quelle vinte coi brogli da Viktor Janukovic) e alla successiva vittoria di Jushenko, infiammava le folle mettendo fiori nei fucili delle truppe antisommossa e scuotendo il capo biondo con la treccia arrotolata al modo delle babushki ucraine di una volta. La mitica Julija, già capo (a soli 34 anni) della più grande industria del petrolio e del gas dell’Ucraina, nonché primo ministro e alleato di ferro dello stesso Jushenko. La Timoshenko, infatti, è stata convocata dalla Procura della capitale Kiev per essere interrogata in merito all’avvelenamento del Presidente. Lei, ovviamente, ha risposto parlando di “uso politico dell’inchiesta” e lanciando l’ipotesi, tramite una serie di accorte allusioni, che l’avvelenamento stesso potrebbe non essere altro che una bufala.      Un’altra certezza da archiviare, dunque. Così com’erano cominciate, si stanno dissolvendo in sequenza le tre Rivoluzioni più o meno democratiche e più o meno liberali che tante speranze e tante illusioni avevano destato: la Rivoluzione delle Rose della Georgia (2003), finita al servizio di un premier guerrafondaio; quella Arancione in Ucraina (2004), consumatasi in una serie di faide politiche da basso impero, dove neanche le speculazioni sul sentimento antirusso riescono più a tenere insieme i cocci; quella dei Cedri in Libano (2005), minata alla base dal dissenso degli sciiti e di parte dei cristiani.      Dietro lo pseudo-colpo di scena giudiziario ai danni della Timoshenko, infatti, altro non c’è se non la rivalità politica e personale tra lei e il presidente Jushenko. In poche parole, è già partita la campagna elettorale per le presidenziali del 2010. La Timoshenko non ha dimenticato l’esito delle elezioni politiche del 2006, con il suo Blocco quasi al 23%, il partito di Jushenko fermo al 13,5% e il partito filo-russo di Janukovic, invece, ben oltre il 33% dei voti. Sa anche che la prospettiva atlantista (ingresso nella Nato, stretta alleanza con gli Usa) è ben lungi dal raccogliere il consenso della maggioranza degli ucraini. ed è conscia del fatto che gli ottimi risultati economici del 2006-2007 (con il Pil cresciuto del 7%) saranno difficilmente ripetibili, se il 2008 sarà un anno di scarsa crescita globale, da un Paese che ha nell’esportazione dell’acciaio una delle sue principali risorse.       Insomma, deve aver pensato che la presidenza passerà, per chiunque voglia conquistarla, attraverso un accordo con Janukovic e, più o meno direttamente, con Mosca e il Cremlino, che ha pur sempre le chiavi di due terzi delle forniture di gas e petrolio che servono all’Ucraina. Per questo nella crisi tra Georgia e Ossetia del Sud (e quindi tra Usa e Russia) ha evitato di attaccare frontalmente la Russia e di schierarsi troppo apertamente con l’asse Washington-Tbilisi. Risultato: Jushenko, che è sveglio almeno quanto lei, l’ha accusata niente meno che di alto tradimento. Lei ha risposto facendo passare in Parlamento una mozione per ridurre i poteri presidenziali. Jushenko, a sua volta, le ha fatto mancare la maggioranza in Parlamento e così l’Ucraina è alle prese con la sua milionesima crisi politica.      Immagino che da qualche parte, in dacia o nei saloni della Casa Bianca affacciata sulla Moscova, Putin si faccia qualche ghignata. Nel 2005, quand’era primo ministro e con Jushenko tutto andava bene, la Timoshenko avrebbe dovuto recarsi in visita ufficiale di Stato in Russia per l’ennesima discussione sul prezzo del gas e del petrolio. Non potè nemmeno avvicinarsi alla frontiera perché due giorni prima del suo arrivo la Procura Generale di Mosca emise a suo carico un mandato di cattura. Ora salta fuori che, almeno secondo Jushenko, è lei a tradire l’Ucraina in combutta con Putin. Ragazzi, e se provassimo a deciderci?

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. Fulvio Scaglione said:

    Caro Kolza,

    per prima cosa, scusa il ritardo. Su Litvinenko, che pure ha fatto una morte atroce, non so bene che cosa dire. Qualche tempo fa ho intervistato la sua vedova e un suo amico, autori di un libro sull’ex agente dei servizi segreti. Loro lo chiamano “dissidente” ma io ti confesso che ho sempre avuto qualche problema ad accettare una simile qualifica (pensa a Sakharov, a Solzhenicyn, a Sinjavskij…) per un uomo che non solo aveva lavorato nei servizi segreti, ma faceva anche parte di un gruppo speciale incaricato di eliminare senza tante storie delinquenti e oppositori. Come cattolico credo alle conversioni. Ma forse non sono abbastanza cattolico, e le conversioni troppo clamorose mi lasciano sempre freddino.

    Ciao, a presto

    Fulvio

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