IL G8 E LA CRISI: L’IMPOTENZA DEI POTENTI

      Il G8 di Hokkaido è agli sgoccioli ma sarebbe crudele trarre conclusioni affrettate. Può darsi che il progredire delle discussioni trovi modo di garantire ai Paesi africani i miliardi di dollari promessi durante il summit di Gleneagles 2005: erano 25 sulla carta, ne sono stati finora versati solo 3. Che l’Unione Europea scopra come sbloccare la proposta del presidente Barroso (togliere 1 miliardo di euro ai fondi mai spesi per l’agricoltura europea e tramutarli in aiuti per l’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo), impantanatasi già nelle prime ore dell’incontro. Che si adotti la misura adeguata per fermare il rincaro dei generi alimentari che, secondo la Banca Mondiale, sta portando altri 105 milioni di persone (di cui 30 in Africa) dalla povertà alla fame.
      Può darsi tutto, insomma, persino che venga accolto l’appello del Papa e i grandi della Terra “mettano al centro delle loro deliberazioni i bisogni delle popolazioni più deboli e più povere”. Tra le cose possibili, però, c’è n’è anche un’altra. Che il mondo prenda atto del fatto che il G8 non è più il consesso delle nazioni che possono risolvere i problemi del pianeta. L’ha detto chiaramente Nicolas Sarkozy, presidente della Francia: “Non è ragionevole continuare a incontrarsi in otto dimenticando la Cina, cioè 1 miliardo e 300 milioni di persone, e non invitando l’India, cioè 1 miliardo di persone”.
      L’idea di Sarkozy è stata snobbata dagli Usa ed è osteggiata dal Giappone, che non vuole tirarsi in casa pericolosi concorrenti. E’ chiaro a tutti, però, che questa è la realtà. Oggi il G8 discute  di cambiamento climatico e di effetto serra. Giappone e Unione Europea vogliono fissare come obiettivo il dimezzamento delle emissioni di gas entro il 2050. La risposta degli Usa, grande Paese industrializzato quindi grande inquinatore, è stata: noi ci stiamo se ci stanno Cina e India. Sarebbe paradossale se non fosse che neanche questa impostazione tiene. Nella realtà, sono Cina e India a decidere come cambierà il clima, quale sarà l’inquinamento e quale sarà la risposta mondiale. E lo fanno solo esistendo, consumando, creando benessere per i loro cittadini. L’anno scorso in Cina sono stati immatricolati quasi 9 milioni di nuove automobili. In India la Tata, la principale industria automobilistica, ha lanciato un’utilitaria che costa circa 1.700 euro e dovrebbe sostituire i motorini e i motocarri così tipici del Paese. Di fronte a questo, quanto contano le discussioni di Hokkaido?
      Lo stesso si può dire per i prezzi dei generi alimentari, che affamano i poveri ed erodono il benessere dei Paesi sviluppati come l’Italia. La folle corsa del petrolio incide sui costi di produzione del cibo, in più i prodotti agricoli risentono dei mutamenti climatici che hanno colpito duro, per esempio, in Australia e negli Usa, grandi produttori di grano. Ora va di moda prendersela con gli speculatori ed è giusto farlo, il fattore speculativo esiste ed è forte. Il problema è: chi sono gli speculatori? Difficile distinguerli, in Borsa, dai normali investitori. E se a “speculare” sulle materie prime fosse un fondo pensione creato per garantire la serena vecchiaia di migliaia di onesti risparmiatori? E se andare a caccia degli speculatori volesse anche dire colpire le Borse, una delle sedi primarie della nostra ricchezza?
      Può ancora darsi che il G8 di Hokkaido produca decisioni importanti. Per ora produce l’impressione che questa crisi 2008 stia marcando una soglia oltre la quale le grandi nazioni del mondo, ormai ben più di 8, devono produrre uno scatto d’intelligenza e di generosità. Se vogliono restare grandi, prima di tutto. Ma forse anche se vogliono restare nazioni.
 

Pubblicato sull’Eco di Bergamo dell’8 luglio 2008   http://www.eco.bg.it

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

Un Commento;

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top