EGITTO, CHE SFIDA PER I FRATELLI!

L'esultanza dei sostenitori di Mohammed Morsy e dei Fratelli Musulmani.

Con la vittoria di Mohammed Morsy, il candidato dei Fratelli Musulmani che, con il 51,7% dei voti ha sconfitto al ballottaggio il rivale Ahmed Shafiq, rimasto al 48,3%, l’Egitto si accinge a un esperimento che non sarà esagerato definire di portata storica.

L'esultanza dei sostenitori di Mohammed Morsy e dei Fratelli Musulmani.

Intanto, per la prima volta nella sua storia cominciata con il colpo di Stato di Nasser nel 1952, la Repubblica araba d’Egitto ha un presidente eletto con una procedura democratica. Confusa, a tratti isterica e soprattutto lunga, ma democratica. E per la prima volta si tratta non di un militare o di un ex militare ma di un civile, un ingegnere di 61 anni che ha studiato negli Usa. Ed è un presidente, Morsy, che fu incarcerato sotto il regime di Hosni Mubarak, l’uomo che ha controllato l’Egitto per trent’anni ed è stato cacciato solo sedici mesi fa. Pochi cambiamenti potrebbero essere più radicali di questo: l’Egitto saprà metabolizzarlo?

E poi c’è l’origine politica di questo presidente. Morsy, com’è noto, è uno dei dirigenti dei Fratelli Musulmani. Non doveva essere lui, a correre per la presidenza, bensì il miliardario (è un industriale del tessile) Khairat Saad Al Shater, eliminato per decisione dell’inflessibile Commissione elettorale egiziana. Incredibile ma vero, la sua colpa era di essere uscito dal carcere meno di un anno e mezzo prima della data di iscrizione alla competizione elettorale. Anche se in carcere Al Shater ci era finito sempre per ordine di Mubarak.
Dire “Fratelli Musulmani” in Medio Oriente provoca reazioni uguali e contrarie: furore ed esaltazione, in pari intensità. Portatori di un’interpretazione politica dell’islam, sono da decenni uno degli spauracchi dell’Occidente. Mubarak fu il primo dei leader egiziano a legalizzare la loro presenza e nel 1984 li autorizzò a partecipare alle elezioni, anche se con condizioni tali da rendere vana qualunque loro ambizione.
Ieri, alla notizia della vittoria di Morsy, i primi a festeggiare sono stati i militanti di Hamas a Gaza. Lo stesso Morsy, d’altra parte, aveva cominciato la campagna elettorale denunciando il Trattato di pace firmato da Egitto e Israele nel 1979 e indicando come modello la teocrazia iraniana. Con il procedere della campagna elettorale i suoi toni si sono molto placati, senza però fugare i dubbi che accompagnano da sempre l’attività politica dei Fratelli e, soprattutto, la loro comprovata contiguità alle frange estreme dell’islamismo quando non direttamente ai gruppi del terrorismo islamico.
Quella di Morsy, quindi, è una sfida enorme. L’Egitto ha un disperato bisogno di normalità e di ripresa economica, dopo due anni di sconvolgimenti che avrebbero piegato anche Paesi più solidi. E ha bisogno, anche, di ricostruirsi dall’interno. I militari, che governano il Paese attraverso il Consiglio supremo delle Forze Armate diretto dal generale Al Tantawi, si sono congratulati con Morsy, mostrando così di accettare la vittoria dei Fratelli Musulmani anche contro il “loro” candidato, Ahmed Shafiq appunto (era stato l’ultimo premier di Mubarak). Ma pochi giorni fa avevano “accettato” anche la decisione della Corte Costituzionale che aveva sciolto il Parlamento giudicando illegittima l’elezione di un terzo dei suoi componenti.
Nel Parlamento, eletto solo sei mesi prima, i Fratelli Musulmani avevano una cospicua maggioranza. In quel modo, i generali evitano che il monopolio del potere politico cada nelle mani del loro vero e unico rivale, i Fratelli appunto. Un equilibrismo che serve anche a tranquillizzare l’Occidente, Stati Uniti in testa, ma che potrà resistere solo se Morsy e il suo movimento accetteranno lo stato di fatto e saranno disponibili ad abbandonare il radicalismo islamista. In caso contrario, gli scossoni saranno fortissimi.
Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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