Con una decisione prevedibile ma pur sempre grave, il Consiglio europeo ha deciso di prolungare di un altro anno le sanzioni economiche e politiche contro la Siria. Anzi, le ha pure estese, perché ha aggiunto tre ministri alla lista di 240 persone e 67 entità o istituzioni finora colpite da blocco dei beni, ritiro del visto per viaggiare in Europa e da altri provvedimenti, mentre il Paese ha visto sequestrati i beni della Banca centrale depositati all’estero, bloccate le importazioni strategiche (compresi petrolio, medicinali, macchinari medici e tecnologia) e le relazioni internazionali in genere. Tutto questo dal maggio 2011 a causa, dice la Ue, della «feroce repressione» messa in atto dal governo di Bashar al-Assad contro i civili.
Ovviamente si tratta di pura retorica autoconsolatoria. Nella già corposa storia degli embarghi (dalla Cuba di Fidel Castro all’Iraq di Saddam Hussein, passando per l’Iran degli ayatollah e la Russia di Vladimir Putin) non si dà un solo caso in cui le sanzioni abbiano ottenuto il loro scopo, cioè mettere in crisi il regime di volta in volta preso di mira. Al contrario, le sanzioni hanno semmai avuto il risultato di far soffrire ancor più i civili per proteggere i quali erano state varate. E il caso della Siria conferma la regola.
Ma non basta. Queste di cui parliamo sono sanzioni europee, decise dalla Ue. E uno si potrebbe chiedere: perché non ci sono sanzioni europee anche contro Isis, Al Nusra, Esercito libero siriano e tutte le altre organizzazioni che colpiscono i civili siriani? Ebbene, ci sono. Nel 2014 il Consiglio europeo approvò il documento Siria e Iraq: strategia contro l’Isis e i foreign fighters e nel 2016, a perfezionamento di tale strategia, varò un proprio regime di sanzioni per combattere meglio l’Isis.
Certo, tra il 2011 delle sanzioni anti-Assad e il 2016 delle sanzioni anti-Isis è passato un po’ di tempo, forse ci si poteva sbrigare un po’ prima. E forse si poteva non dare la sensazione che tali sanzioni fossero varate solo quando proprio non si poteva farne a meno. Nel documento citato, uno dei provvedimenti ritenuti (giustamente) più importanti è quello di tagliare le fonti di finanziamento dell’Isis e di “punire” coloro che collaborano al finanziamento e all’organizzazione dei gruppi terroristici. Viene dunque il sospetto che si tratti di parole vuote, al massimo di buoni propositi.
Che cosa è stato fatto, in proposito, per bloccare il trasferimento di quattrini dall’Arabia Saudita e dal Qatar verso l’Isis e Al Nusra? Si sa che questi due Paesi finanziano da anni i gruppi armati sunniti, sia in Siria sia in Iraq. E quali provvedimenti sono stati presi dall’Ue contro la Turchia, che fino al 2016 (appunto) ha fornito armi e mezzi all’Isis, ha comprato petrolio e antichità dai terroristi e ha concesso libero transito ai foreign fighters che andavano a combattere in Siria e in Iraq?
Si possono spendere tutte le belle parole del mondo ma la realtà dei fatti dice una cosa sola: l’Europa si è schierata accanto ai Paesi che appoggiavano il terrorismo islamista in Siria e in Iraq.