NAVALNY, LA SFIDA DEL DISORDINE

navalnyL'ultimo arresto di Aleksej Navalny.

La grande manifestazione a Mosca, i giovani mobilitati in decine di città, le centinaia di arresti, i richiami dall’Occidente e, per finire, il processo semi-serio con sentenze pesanti che si risolvono in niente o quasi. Alekseij Navalny ha rimesso in scena lo spettacolo del 2011 (elezioni politiche), del 2012 (elezioni presidenziali) e di altre successive occasioni, con inalterato successo. Così oggi, appurato che l’uomo è abile e calcolatore, dobbiamo porci sul suo conto la domanda giusta. Sappiamo benissimo chi è Navalny: passato dagli stivali dei movimenti nazionalisti alle grisaglie di Yabloko, il più occidentale dei partiti russi, per approdare all’attivismo Web, incarna un prototipo di politico post-moderno (compreso quel Donald Trump che vive di Twitter) con cui l’Europa e l’Occidente tutto hanno faticosamente imparato a fare i conti.

Per quanto ci piaccia dipingerla come uno sprofondo di arretratezza, con i media servilmente appesi ai voleri di un potere oscurantista, la Russia offre dati internettiani che andrebbero meglio meditati. L’82% della popolazione (ovvero, 117 milioni di persone) hanno l’account di un qualche social media, che nella stragrande maggioranza dei casi è autoctono. Non uno dei soliti planetari You Tube o Facebook ma V Kontakte, Ok.ru, Moi Mir, immaginati e sviluppati in Russia per i russi. D’altra parte, non sono russi gli hacker più temuti al mondo? Non è del Governo russo, almeno stando ai sussurri e alle grida dei servizi di sicurezza occidentali, il programma più avanzato per trasformare i nerd smanettoni in moderni agenti segreti della Rete? E poiché proprio questo è il mondo di riferimento del politico diventato blogger per diventare ancor più politico, la domanda giusta da farsi diventa: chi e che cosa rappresenta Aleksej Navalny?

Per quanto si voglia rappresentarlo come l’incubo del Cremlino e come un possibile candidato per le elezioni presidenziali del 2018, Navalny non è un avversario per Vladimir Putin. Non nel senso tradizionale, almeno. Non nella conta dei voti. Lo si è visto bene nel 2013, all’elezione del sindaco di Mosca. Oltre il 70% degli elettori della capitale disertarono le urne, disgustati dal grigiore di Sergej Sobyanin, il candidato del potere. Ma Navalny rimase a distanza siderale dall’avversario, mettendosi poi ovviamente a cianciare di brogli e frodi. E questo avveniva nella capitale, nel luogo principe dei giovani che sentono il suo fascino. Pensiamo quali possono essere le proporzioni, al voto, nell’immensa provincia russa.

Navalny, però, rappresenta per il Cremlino una sfida diversa e più insidiosa. E, a dispetto di tutte le apparenze, profondamente politica. Proprio rivolgendosi ai giovani che sono nati dopo il crollo dell’Urss o appena prima, cioè a coloro che non hanno memoria di quella lunga agonia né l’inclinazione a fare confronti con quel passato, il blogger offre oggi, ai dirigenti di domani, una diversa visione del mondo.

Putin è stato il leader dell’ordine e della sicurezza. Il Presidente che ha riorganizzato lo Stato, pagato puntualmente le pensioni, ridato forza all’esercito, rilanciato il sentimento nazionale di appartenenza. Interpretando, sia chiaro, non solo una smania di potere ma anche un’esigenza del suo popolo. Non a caso tutti i sondaggi più credibili degli ultimi due decenni hanno mostrato che i russi, dopo il crollo dell’Urss, la perestrojka e lo eltsinismo, non hanno fatto che chiedere stabilità, sicurezza, prevedibilità.

Navalny, con le sue campagna contro la corruzione del potere, offre ai giovani, movimentisti per definizione, una prospettiva diversa. Quella del disordine, degli equilibrii da rovesciare, del nuovo da prendere al volo e senza farsi troppe domande. Un messaggio che non prevarrà mai nelle urne, ma che pare fatto apposta per mobilitare la parte più attiva e speranzosa della popolazione, ovvero proprio quei giovani che per troppo ordine, stabilità e prevedibilità si sentono soffocare. Anche per questo il Cremlino fa ogni sforzo per non creare intorno a Navalny l’aureola del martire. Arrivando da Putin, è un segno di grande rispetto per il blogger.

Pubblicato su Avvenire del 28.3.2017

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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