MOSUL E I SUOI MORTI CANCELLATI

mosulGli effetti della battaglia per Mosul.

Lontana dalle penne dei giornalisti e dai riflettori delle tivù si consuma la battaglia per cacciare gli uomini del sedicente Stato islamico (Isis) da Mosul, la grande città nel Nord dell’Iraq che fino a pochi anni fa era la “capitale” cristiana del Paese. L’offensiva delle truppe irachene, appoggiate dalla coalizione guidata dagli Usa, è cominciata nell’ottobre scorso. Molti progressi sono stati fatti e gli jihadisti sono in difficoltà, ma la vittoria, pur probabile, non pare prossima.

In questo quadro, cioè nell’attesa di altre settimane di combattimenti forse ancor più feroci degli attuali, cominciano ad arrivare le prime notizie sulle vittime civili. L’Osservatorio iracheno per i diritti umani ci dice che nei raid della coalizione occidentale su Mosul sono finora morte almeno 300 persone. Middle East Eye, il sito specializzato in Medio Oriente, pubblica la testimonianza di Ross Caputi, un marine che nel 2004 aveva partecipato, sempre in Iraq, alla battaglia per Fallujah, il quale sostiene: «Mosul è significativamente peggio di Fallujah». Val la pena ricordare che nel 2004, in quello scontro, secondo la Croce Rossa morirono 800 civili.

Per finire, ecco i rapporti di AirWars, una Ong inglese fondata da ex militari che si propone di tenere traccia delle incursioni aeree e memoria delle vittime che esse provocano. Secondo AirWars in gennaio per la prima volta «il numero dei morti provocati dalla Coalizione (quella a guida Usa – ndr) ha superato quello della feroce campagna aerea dei russi». A Mosul, nel solo mese di gennaio, queste incursioni avrebbero ucciso tra 630 e 824 civili, con un incremento del 126 per cento rispetto a dicembre. Teniamo presente che ora siamo a metà marzo e proviamo a immaginare un calcolo totale.

Come sempre succede quando si combatte nei grandi centri abitati, gli scontri generano un gran numero di vittime innocenti. A Gaza, ad Aleppo, a Mosul, a Fallujah, non importa: il risultato è sempre quello. Quello che cambia radicalmente, invece, è la copertura mediatica. Per Aleppo e i suoi morti si è parlato senza complessi di strage, mattatoio, persino olocausto. Per Mosul e i suoi morti solo silenzio.

È chiaro che i morti sono tutti uguali e che anche un solo civile ucciso è troppo. A Gaza, ad Aleppo, a Mosul come nelle carceri di regime o nei villaggi occupati dall’Isis. Bisogna però essere onesti: l’informazione, soprattutto quando manca così clamorosamente, crea opinione e consenso. Elementi che sono poi alla base della politica e delle sue decisioni. I giornali e le tivù che parlano dei morti solo quando sono da una parte e tacciono quando sono dall’altra, non fanno informazione: fanno propaganda. Basta saperlo.

Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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