ACCORDO CON L’IRAN, IL MEDIO ORIENTE CAMBIA

accordoIl ministro degli Esteri dell'Iran, Zarif, accolto da trionfatore a Teheran dopo la firma dell'accordo.

Le sfumature contano. Più che mai per l’ accordo tra l’Iran e il “5+1” (Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia e Germania) sul programma nucleare iraniano. Così, Federica Mogherini può definirlo “un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali”, il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif “un buon accordo per tutti” e Barack Obama “un accordo che non si basa sulla fiducia ma sulle verifiche”.

Hanno ragione tutti e tre. Fa bene l’Europa (la Mogherini è l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri) a esultare: l’ accordo disinnesca un focolaio di tensione in una regione che di focolai abbonda e apre la strada a rapporti più distesi con un Paese importante anche per l’economia. Nel 2010, cioè fino alla tornata più dura di sanzioni, l’Italia era il primo Paese della Ue negli interscambi con l’Iran, arrivati a un valore di 7 miliardi di euro. E’ chiara anche la soddisfazione di Zarif, che vede l’altra faccia della stessa moneta: un Paese che con Ahmadinejad aveva sacrificato all’ambizione militare il benessere della gente e che ora cambia passo, dovendo però archiviare con fatica una stagione buia della propria storia recente.

Accordo e disaccordi

E benissimo fa Obama a gettare un po’ d’acqua sul fuoco dell’ottimismo, perché i piatti della bilancia in Medio Oriente metton sempre poco a saltare. La Casa Bianca deve ora placare Israele e Arabia Saudita, che non credono all’ accordo. Loro vedono un Iran deciso ad avere comunque la bomba e nel frattempo gratificato dall’eliminazione delle sanzioni, che darà agli ayatollah “miliardi di dollari per finanziare il terrore nella regione e nel mondo (Netanyahu)”.

Anche in questo caso hanno ragione tutti. E’ vero che l’Iran appoggia e finanzia gruppi terroristici assortiti (da Hezbollah a Hamas, passando per gli Houthi dello Yemen), ma l’Arabia Saudita ha fatto e fa la stessa cosa, dalla Cecenia alla Siria dell’Isis. Chi è il buono, qui? Quanto al nucleare, Israele ha da tempo la bomba fuori da qualunque trattato internazionale ma si sente minacciato dal Paese che non l’aveva e, per bocca di Ahmadinejad,  minacciava un giorno sì e l’altro anche di distruggere lo Stato ebraico.

Da questo punto di vista bisognerà leggere con attenzione il testo dell’ accordo. Pare che, con gli allegati tecnici, superi le 200 pagine. Per quel che se ne sa (in sostanza, i parametri già fissati dai documenti firmati il 2 aprile a Losanna), gli impianti iraniani saranno “degradati”, le centrifughe ridotte dalle 19 mila attuali a 5.060 e per dieci anni il plutonio sarà arricchito solo al 3,75% (quota per scopi civili) e quello arricchito al 90% (scopi militari) in pratica eliminato. Questo farà sì che l’Iran, se vorrà ottenere il materiale fissile per una bomba, dovrà lavorare almeno un anno, mentre ora gli basterebbero tre mesi.

Il punto chiave, però, non sta nelle carte ma, come dice Obama, nei controlli. L’Iran ha accettato il Protocollo Addizionale dell’Agenzia internazionale per l‘energia atomica dell’Onu (Iaea). Il che vuol dire, accesso illimitato a tutti gli impianti, ispezioni a sorpresa, analisi dei materiali e dei terreni, oltre a un grande incremento della quantità e qualità dei dati che l’Iran dovrà fornire.

Da queste verifiche si capirà se l’ accordo funziona. Ma è anche il punto che, in realtà, più scontenta israeliani e sauditi. Abituati da sempre a stabilire i confini della politica (soprattutto americana) per il Medio Oriente, sentono ora di “dipendere” da un gruppo di Paesi (il “5+1”) che sono loro alleati ma che per la prima volta hanno deciso in proprio, senza farsi condizionare. Non è una rivoluzione ma è una rendita di posizione che rischia di andare in fumo. Da quelle parti, col petrolio in ribasso e l’Isis in rialzo, vuol dire molto.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 15 luglio 2015

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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