HILLARY E SARKO, LA LIBIA DEI DILETTANTI

HillaryHillary Clinton.

Hillary Clinton si è candidata al ruolo di presidente degli Usa ed è quindi inevitabile che avversari politici e media cerchino di farle le pulci. Soprattutto se si è l’ex moglie di un Presidente, una ex senatrice e l’ex segretario di Stato della prima superpotenza del mondo.

Proprio per questo suo prestigioso e ingombrante passato, però, fa cadere le braccia scoprire ciò che emerge dal malloppo di e-mail, inviate e ricevuta da Hillary Clinton, di cui è stata autorizzata la pubblicazione nell’ambito dell’inchiesta del Congresso sui tragici fatti di Bengasi (Libia) dove, l’11 settembre 2012, quattro cittadini americani (l’ambasciatore statunitense in Libia Christopher Stevens, l’ufficiale del Dipartimento di Stato Sean Smith e due agenti della sicurezza, gli ex marine Tyrone Woods e Glen Doherty) furono uccisi durante una protesta di piazza che forse nascondeva un attentato premeditato.

Colpisce il fatto che l’ambasciatore Stevens avesse inviato a Hillary numerosi e documentati allarmi sul precipitare della situazione in Libia e sulle infiltrazioni dei terroristi islamici, a quanto pare bellamente ignorati. E altrettanto colpisce che la responsabile della diplomazia americana desse assai più retta a un suo amico e portaborse, tale Sidney Blumenthal, ex responsabile degli eventi speciali della Fondazione Clinton, ex consigliere politico della stessa Hillary nella campagna presidenziale del 2008 (quella che incoronò Obama), insomma un dilettante, che ai veri diplomatici.

Hillary e l’amico Sid

Ma a noi italiani interessa di più ciò di cui si discute meno. Due cose, in particolare. I rapporti che Blumenthal mandava a Hillary erano spesso caratterizzati con la sigla “Italian intel”, ovvero: servizi segreti italiani. Forse Blumenthal mistificava, vantava fonti che non aveva. Resta il fatto che Hillary ci credeva, o perlomeno continuava a leggere e a far circolare quei “rapporti” (intestati “Da Sid a Hillary”) per tutto il Dipartimento di Stato, chiedendo pareri e reazioni alle notizie e alle analisi in essi contenute. E non solo: Hillary cercò pure di farlo assumere al Dipartimento di Stato e fu bloccata solo dai consiglieri di Obama, che non scordavano la valanga di maldicenze e insulti che nel 2008 Blumenthal aveva rivolto all’allora rivale della Clinton nela campagna presidenziale.

Chiamato a testimoniare davanti alla Commissione d’inchiesta del Congresso, il buon Blumenthal (ancora stipendiato dalla Fondazione Clinton con 10 mila dollari al mese) si è ovviamente speso per difendere Hillary, riuscendo però solo a complicare le cose. Non ho scritto nulla, ha detto in sostanza Blumenthal, ho solo copiato e sottoposto a Hillary i rapporti degli agenti Cia in Libia, in particolare quelli dell’agente Tyler Drumheller.

La sensazione di dilettantismo, approssimazione e arroganza che emerge dal tutto è desolante. Ma non solo: si allarga a dismisura, e dagli Usa di Hillary passa alla Francia della presidenza Sarkozy. Dai soliti rapporti Drumheller-Blumenthal salta fuori, infatti, che il buon Nicolas, smanioso di intervenire in Libia ma totalmente ignaro di ciò che vi succedeva davvero, si affidò ai consigli del filosofo con la camicia bianca, Bernard-Henri Levy, che il 4 marzo 2011 si incontrò con Mustafà Abdul Jalil, leader del Consiglio Nazionale di Transizione.

Il 10 marzo Sarkozy riconosceva Jalil e il Consiglio come legittimi e ufficiali rappresentanti del popolo libico ma già a fine febbraio (è scritto in uno dei rapporti Blumenthal-Drumheller datato 22 marzo 2011) agenti dei servizi segreti francesi incontravano Jalil e il generale Abdul Fatah Younis per portar loro denaro e istruzioni. E a metà aprile, uno dei cosiddetti “voli umanitari” francesi sbarcava in Libia “executives from the French company TOTAL, the large construction from VINCI and the European Aeronautic Defence and Space Company N.V. (EADS)”. Altri voli e altri manager francesi sarebbero seguiti, per spiegare ai presunti nuovi padroni della Libia chi bisognava favorire nella ricostruzione e negli affari.

Sappiamo bene, purtroppo, com’è finita: la Libia è esplosa e le schegge (anche sotto forma di ondate di migranti) investono ogni giorno l’Italia e l’Europa. A fine luglio 2011 il generale Younis, comandante militare del Consiglio, fu assassinato, pare per ordine dello stesso Jalil. Come sappiamo questo particolare? Da uno dei rapporti Blumenthal-Drumheller. Da Sid a Hillary, of course.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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