LA CASTA NON ESISTE PERCHE’ LA CASTA SIAMO NOI

Pelù e la castaPiero Pelù in concerto.

A proposito della polemica del Primo Maggio su Renzi e gli 80 euro: chiunque, cantante come Piero Pelù o taxista, cuoco o acrobata, può dire ciò che vuole quando vuole a proposito della politica. A una condizione: che non cediamo alla tentazione di credere che abbia ragione chiunque parli di politica senza essere un politico, proprio perché non è un politico, perché non è della casta.
Due miti, in Italia, hanno fatto e stanno facendo danni gravi. Mi verrebbe da dire, esagerando sullo slancio: danni  assai peggiori della peggiore classe politica. Il primo è il mito della cosiddetta “società civile”, il secondo proprio quello della “casta”. Uno tiene in piedi l’altro: se c’è una società civile buona e virtuosa dev’esserci anche un casta che la mortifica e le impedisce di fare il bene del Paese. Altrimenti, come potremmo andare così male? Società civile e casta sono diventate parole d’ordine indispensabili, ormai, nella narrazione collettiva di quanto succede in Italia.


Società civile uguale casta

Ecco allora qualche statistica. Nella legislatura scorsa (2008-2013), le due Camere del Parlamento risultavano così composte. Camera dei deputati: 84 avvocati, 82 dirigenti, 74 imprenditori, 63 giornalisti, 44 docenti universitari, 30 impiegati, 29 medici, 22 insegnanti, 17 commercialisti… Un’infima percentuale, al confronto, i funzionari di partito: 42.  E al Senato: 51 dirigenti, 46 avvocati, 38 imprenditori, 30 amministratori locali, 28 docenti universitari, 28 insegnanti, 26 giornalisti, 23 medici, 11 impiegati, 10 magistrati, 9 ingegneri… e solo 13 funzionari di partito.

Impiegati, medici, avvocati, commercialisti, giornalisti, dirigenti, imprenditori… E che cos’è, questa, se non la società civile? Perché, dunque, la chiamiamo casta? Le virtù benefiche della società civile sono così labili da dissolversi non appena questi stimati professionisti e dipendenti varcano la soglia del Parlamento? O non è piuttosto vero il contrario, e cioè che essendo la società civile italiana poco seria (vedasi evasione fiscale da record, lavoro nero alle stelle, corruzione imperante, inefficienza come norma…), diventa poco seria anche la politica quando è appunto detta società civile, diventata casta, a tirarne i fili?

Il problema non sta nelle categorie di comodo, come appunto società civile e casta, con cui cerchiamo di imprigionare una realtà complessa e sfuggente. Il problema sta nella politica, che è un’attività importante e difficile, che bisogna saper svolgere. Evviva i politici di professione, se sono professionisti seri. E abbasso la società civile in politica se è fatta di cialtroni e dilettanti. Cioè la casta.

 

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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