EBREI: IL RAZZISMO VECCHIO E NUOVO

Scritte antisemite.

Le composte ma durissime reazioni dello Stato di Israele alla provocazione antisemita di Roma, dove tre teste di maiale sono state recapitate alla sinagoga, all’ambasciata dello Stato ebraico e al museo dov’è in corso una mostra sulla cultura ebraica, lo sdegno del presidente Napolitano e il generale senso di vergogna che almeno questa volta prende nel dirsi italiani, sono esattamente ciò che ci meritiamo.

Scritte antisemite.

Non tanto per l’accaduto in sé, per la provocazione: contro gli stupidi, in una società democratica, non c’è difesa. Ma per quanto gli sta intorno: questo sì dipende da noi.

L’olocausto degli ebrei non è stato l’unico olocausto della storia. La colonizzazione dell’America del Sud ha portato con sé l’olocausto delle civiltà locali: nelle sole miniere d’argento del Potosì furono sterminati, nell’era del colonialismo spagnolo, oltre 8 milioni di indios. Gli Stati Uniti d’America sono nati dall’olocausto degli indiani del Nord. Hanno avuto un olocausto i neri dell’Africa con lo schiavismo dell’Occidente cristiano e dell’Oriente musulmano. Gli armeni. Gli zingari. Gli ucraini sterminati con la fame dai sovietici all’inizio degli anni Trenta, tra i 3,5 e i 5 milioni di morti in quello che in Ucraina è chiamato holodomor, appunto olocausto per fame. E molti altri popoli ancora: chi conosce la storia dello sterminio dei  “montagnard” da parte dei comunisti di  Cambogia e Vietnam?

Ma quello degli ebrei è il nostro Olocausto. E’ l’Olocausto perpetrato dalla colta, civile, evoluta, benevola, raffinata Europa. Ed è l’Olocausto programmato per essere “soluzione finale”, cioè fin dall’inizio concepito per arrivare alla completa estinzione di un intero popolo. Uno sterminio organizzato, figlio della seconda rivoluzione industriale, quella dell’automazione produttiva, esattamente come la prima guerra mondiale (quella che papa Benedetto XV definì “l’inutile strage”) delle mitragliatrici e dei gas era figlia della prima rivoluzione industriale, della meccanizzazione della morte.

E’ passato molto meno di un secolo e il ricordo del nostro olocausto, che avremmo dovuto conservare gelosamente, presso molti è già sfumato. Abbiamo permesso che crescesse nei nostri Paesi, i Paesi che praticarono l’olocausto o comunque vi contribuirono e vi parteciparono, un razzismo prima strisciante e poi sempre più conclamato, esibito, anche se malamente travestito con le solite ragioni della difesa della patria e della tradizione. Un razzismo che prima si è esercitato con i bersagli facili, gli immigrati brutti-sporchi-cattivi-rubalavoro, ma che poi, com’è sempre successo nella storia, è tornato a comprendere i suoi tradizionali obiettivi. E gli ebrei, si sa, sono tra quelli.

Non è un caso se in molte comunità ebraiche d’Europa (e quella italiana e quella francese lo hanno già detto a chiare lettere) cresce il disagio di vivere in quello che è e resta il loro Paese. Noi pensiamo che i loro timori siano forse eccessivi.  Ma il fatto stesso che il timore esista dovrebbe farci riflettere. A lungo.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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