2 . fine – Come se questo non bastasse, si muovono sulla scena altri due giganti che hanno agende opposte. Gli Usa soffiano sulla protesta nella speranza che l’Ucraina possa in futuro diventare una seconda Polonia, cioè un altro importante anello della catena destinata a contenere le rinnovate ambizioni della Russia di Vladimir Putin. Ucraina e Polonia hanno 430 chilometri di confine in comune, la barriera geografica, diplomatica e psicologica sarebbe imponente.
La Russia, ovviamente, ha l’interesse opposto: l’Ucraina ha con la già fidelizzata Belorussia quasi 900 chilometri di confine, l’affaccio russo sull’Europa occidentale può diventare importante. Anche perché il Cremlino a Est deve già fare i conti con l’intraprendenza e la potenza della Cina, che si sta infiltrando in Asia Centrale: se Mosca si lasciasse sbarrare la strada anche verso Occidente, la morsa potrebbe diventare difficile da reggere.
I morti di Kiev, e l’organizzazione ormai para-militare della protesta, aprono ora due sole prospettive. La più lontana, ma anche la più temibile, è l’allargamento dello scontro fino a rendere plausibile una spaccatura vera, concreta, delle due parti del Paese. Questa spirale può essere interrotta solo dall’altra ipotesi, e cioè accettare il fatto che il futuro dell’Ucraina non può essere affidato solo ai risultati del braccio di ferro tra un Governo ormai screditato e fallito e una piazza dominata dalle pulsioni più radicali. Serve un tavolo a cui deve inevitabilmente sedere anche la Russia.
Per capirlo basta considerare anche solo la questione energetica: al Cremlino basterebbe chiudere i rubinetti di gas, petrolio e combustibile nucleare per bloccare ogni forma di vita economica in Ucraina. E nessun altro Paese, o coalizione di Paesi, è in grado di sopperire. E la questione ucraina è diventata così grave e acuta anche perché sono tuttora irrisolti i rapporti tra la Ue e la Russia, in campo energetico (dove i singoli Paesi, come Italia e Germania, si sono affrettati a stipulare con il Cremlino importanti e convenienti accordi individuali) ma non solo.
Così l’Ucraina, invece di diventare un terreno d’incontro, è diventato un terreno di scontro, un campo di battaglia. Viktor Yanukovic, tipico prodotto dell’Ucraina russofila, per ora resta in sella e non v’è segno di fratture nelle forze di polizia e di sicurezza che si battono contro i dimostranti. Sacrificherà i suoi uomini al Governo per dare qualche soddisfazione alla piazza, sperando nel frattempo che l’aiuto di Mosca, con l’argine politico internazionale e il soccorso economico, lo aiuti a superare la tempesta. E che l’esercito, che non ha voluto intervenire per sedare le manifestazioni ma nemmeno ha rotto gli argini, continui almeno a restare neutrale. Il che ovviamente servirà solo a rimandare il problema e a renderlo ancor più acuto. La parola deve tornare alla politica. Prima ciò avverrà, meglio sarà per gli ucraini.
2. fine
Pubblicato su Avvenire del 25 gennaio 2014