Le notizie che arrivano da Gaza parlano chiaro: il 95% dei tunnel che collegano la Striscia all’Egitto, e che alimentavano un florido commercio illegale (oltre, naturalmente, il traffico d’armi) sono stati distrutti o resi impraticabili dalle truppe egiziane. L’economia di Gaza e dei suoi 1,7 milioni di abitanti, come le casse di Hamas che da quel commercio ricavava buoni introiti sotto forma di “tasse”, subisce così l’ennesimo duro colpo.
Governare la Striscia sarebbe un incubo per chiunque, ma anche amministrarla non è uno scherzo. Basti pesare che ci sono 40 mila dipendenti pubblici che ogni mese aspettano un salario, a fronte di una struttura produttiva che, lasciata sola a se stessa, non garantirebbe a tutti nemmeno la sopravvivenza. L’aspetto finanziario, però, è solo la manifestazione più concreta del disagio profondo del regime di Hamas, che in poche settimane ha visto capovolgersi una situazione che pareva a lui favorevole. In Egitto, il Governo dei Fratelli Musulmani, ideologicamente molto affine a Hamas, è stato rovesciato dalle proteste di piazza e dall’intervento dei militari. Anzi: pare che nelle scorse settimane i generali del Cairo abbiamo addirittura minacciato un intervento militare a Gaza, accusando Hamas di fomentare e sostenere gli attacchi della guerriglia del Sinai, che in poche settimane hanno fatto decine di morti tra poliziotti e soldati.
Un altro Governo “amico” era quello della Tunisia, sostenuto dal partito islamista Hennahdha. Anche questo, però, sta per lasciare l’incarico. E lo fa in modo pacifico, d’accordo con le opposizioni, disponendosi ad affrontare elezioni che non gli saranno favorevoli come le precedenti, e intanto combattendo l’estremismo islamico che spara sugli esponenti dei partiti laici.
Terzo capitolo, forse il più importante: Hamas ha perso anche il favore dell’Iran, che in passato lo ha sempre aiutato con denaro e armi. Il nuovo corso del presidente Rohani, impegnato a riallacciare i rapporti con l’Occidente, ha la sua importanza: avere per amici le Brigate Al Qassam, quelle che dalla Striscia sparano i razzi sulle città di Israele, non sono certo un bel biglietto da visita per un regime che, in buona o mala fede, vuole rifarsi la faccia. Ma ancora più conta il fatto che Hamas, tra le parti che si combattono in Siria, si è schierato con la guerriglia sunnita che combatte Assad anche a suon di attentati. Questo proprio nel momento in cui l’alleanza con il dittatore Assad è ancor più fondamentale di prima per l’Ira che, proprio dalla capacità di condizionare le vicende siriane, trae molta della propria residua influenza politica.
In poche parole: Hamas è rimasto solo. E ancor più soli sono i palestinesi che Hamas governa.