1.045 civili uccisi in maggio e 712 in aprile. Più della metà nella sola area metropolitana di Baghdad. Era dal giugno 2008 che in Irak non si moriva così: di bombe, soprattutto quelle piazzate nelle auto parcheggiate e poi fatte esplodere a distanza. Tanto che le autorità hanno sospeso le immatricolazioni per cercare di rendere un po’ più difficile la vita ai terroristi, che usano veicoli di terz’ordine comprati al mercato dell’usato ma “protetti” dalle targhe provvisorie emesse dal registro automobilistico.
La grande maggioranza delle vittime è formata da sciiti iracheni o da pellegrini iraniani (quindi sciiti anche loro) in visita alle città sante dell’Irak. Questo dice molte cose, anche se non sempre alla stampa occidentale piace dirle. Gli attentati in Irak e gli eventi degli ultimi tempi in Siria sono legati: nell’uno come nell’altro caso, due regimi sciiti (quello di Assad in Siria e quello di Nur al Maliki in Irak) sono assediati dall’estremismo armato sunnita. Poco importa che Assad sia il dittatore che sappiamo mentre Al Maliki è un alleato degli Usa. I sunniti, che sono circa il 90% di tutti i musulmani, vogliono dare la spallata decisiva e spezzare l’arco sciita che va, appunto, dall’Iran degli ayatollah al Libano di Hezbollah (movimento politico e militare sciita) passando per l’Irak e la Siria.
Gli sciiti non si arrenderanno facilmente. Hezbollah manda truppe in Siria per combattere a fianco di Assad, gli sciiti iracheni hanno risposto alle bombe attaccando alcune moschee sunnite, con un centinaio di morti. Ma questo contrasto tutto interno al mondo islamico rischia di far saltare l’intero Medio Oriente.
Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 3 giugno 2013