ISRAELE, CONCILIARE GLI OPPOSTI

Un poster elettorale di Bibi Netanyahu.

La democrazia israeliana è abituata ai colpi di scena. Ogni elezione spariglia le carte: vecchi leader lasciano il campo (questa volta il laburista Ehud Barak, da ministro della Difesa a pensionato), partiti importanti spariscono com’è successo a Kadima, fino a pochi anni fa architrave del Governo. E’ il segno di uno Stato giovane e di un popolo che abbonda di spirito pionieristico.

Un poster elettorale di Bibi Netanyahu.

Nell’ultimo voto, però, pare di leggere anche lo sconcerto di un elettorato quasi soffocato dalla sovrabbondanza di parole d’ordine che, una per una, risultano poco convincenti. L’alleanza Likud-Israel Beyteinu, cioè il duo Netanyahu-Liberman, è scesa a 31 seggi (da 42), il Partito laburista è risalito a 15 (da 13), i centristi di Yesh Atid con Yair Lapid sono arrivati di colpo a 19, la nuova destra di Habayt Aiehudi di Naftali Bennett ne ha ottenuti 12.

Bocciato il Governo ma il premier Netanyahu resta l’unico che possa formare un nuovo Governo. Promossi i moderati di Lapid e i radicali nazionalisti di Bennett, che però sono quasi agli opposti. E l’alta partecipazione al voto (67,79%, record degli ultimi 15 anni) è sembrata una mozione di sfiducia, più che di fiducia, nel sistema.

All’estero la politica in Israele viene di solito letta con occhiali palestinesi: trattare o no per la pace, accettare o no uno Stato palestinese. Ma è stata l’agenda interna a frammentare il Parlamento di Gerusalemme: i laburisti hanno parlato dei poveri (il Paese cresce ma secondo l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni il 24,8% degli israeliani è indigente), quelli di Yesh Atid della piccola borghesia in crisi, il miliardario di destra Bennett di come proteggere il boom dell’alta tecnologia che arricchisce Israele, i partiti religiosi della necessità di proteggere i diritti (privilegi, secondo molti) degli ultraortodossi, che pregano per vocazione e professione, pagano meno tasse e non fanno il servizio militare. E’ conciliare gli opposti, non difendere i confini, il vero problema di Israele.

 

 

 

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

Altri articoli sul tema

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top