MONTI NEGLI USA, TROPPO DI TUTTO

Mario Monti alla Casa Bianca con Barack Obama.

Un caldo benvenuto e un’ostentata apertura di credito da parte del presidente Barack Obama a Washington, capitale americana della politica. Un incontro da pari a pari con i grandi nomi di Wall Street a New York, capitale della finanza. La nomina a salvatore dell’euro e dell’Europa da parte della stampa più influente, l’interesse degli industriali… Il viaggio del premier Mario Monti negli Usa rischia di trasformarsi in una cavalcata trionfale con pochi precedenti, almeno se si guarda agli ultimi decenni.

Mario Monti alla Casa Bianca con Barack Obama.

E’ una buona cosa per l’Italia ed è molto in assoluto. Tanto da rendere ragionevole una domanda: non sarà troppo? SuperMario Monti è autorevole e stimato, oltre a essere noto in campo internazionale per il grande lavoro svolto in due mandati da Commissario europeo. Ma l’attuale successo presso l’establishement americano è spinto (anche) da due ragioni di cui faremo bene a tener conto.

La prima è il confronto con il recente passato. A torto o a ragione, a un certo punto la leadership di Silvio Berlusconi aveva cominciato a scontare la diffidenza di personaggi del calibro della Merkel e di Sarkozy e l’ostentata indifferenza dello stesso Barack Obama. Le grandi feste a Monti sono un modo come un altro per rimarcarla.

La seconda, e molto più importante ragione, sta però in un altro fatto: l’Italia ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno degli Usa. Ma anche gli Usa hanno bisogno dell’Europa, dunque hanno bisogno di un’Italia solida e credibile. Intanto perché un ipotetico, anche se remoto, fallimento dell’economia italiana, come ci è stato detto e ridetto,  potrebbe minare le radici stesse dell’Unione Europea. E poi perché in Europa ci sono pochi Paesi (e nessuno tra i fondatori della Comunità europea) che possano vantare lo stesso nostro curriculum di fedele e non servile collaborazione con gli Usa.

L’asse Usa-Europa continua a essere l’arteria vitale per l’economia globale. Ogni giorno poco meno di 2 miliardi in beni e servizi attraversano l’Atlantico nei due sensi, pari a circa un terzo dei beni e al 40% dei servizi trattati ogni giorno nel mondo. Gli americani vendono agli europei tre volte più merci di quelle che vendono ai cinesi, e gli europei vendono agli americani due volte quanto vendono alla Cina. Le aziende americane ed europee generano il 69% di tutti gli investimenti privati nella ricerca. I due agglomerati politici offrono al mondo l’80% di quanto viene speso per l’assistenza allo sviluppo.

E’ interesse degli uni e degli altri non solo che quell’autostrada economica resti fluida e libera da ostacoli e che il partner goda di buona salute, sia solvibile e affidabile. Perché dalla grande crisi globale, ormai è chiaro, o si esce insieme o non si esce. Ma anche perché quell’asse privilegiato comincia a essere intaccato dall’aggressività dei nuovi protagonisti (la Cina, i Paesi del Bric): che si voglia tenerli a bada  o si provi a integrarli nel sistema di regole che l’Occidente ha creato per l’economia mondiale, per gestire la nuova situazione sarà comunque necessaria tutta l’energia del rapporto culturale ed economico tra le due sponde dell’Atlantico.

Quindi non illudiamoci: le pacche americane sulle spalle di Monti sono anche una richiesta d’impegno e di serietà. L’Italia, d’altra parte, poche altre volte ha avuto così tanto bisogno di una buona intesa con gli Usa. Il colosso americano mostra consolanti segni di risveglio: la disoccupazione è in calo da sette mesi consecutivi e promette di scendere ancora; nell’ultimo trimestre del 2011 il Prodotto interno lordo è cresciuto del 2,8%, una misura che l’Europa può solo sognare. Se la locomotiva Usa riprenderà a correre, sarà meglio per l’Italia conoscere bene le intenzioni del macchinista ed essere pronta a salire a bordo.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 12 febbraio 2012

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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