LA LOCOMOTIVA TEDESCA PUNTA SULL’ASIA

Un mese fa, il primo ministro della Cina Wen Jiabao si è presentato a Berlino, per una tornata di colloqui politico-economici, con un seguito formato da 13 ministri e 300 manager. E più o meno la stessa cosa ha fatto, una settimana fa, il presidente russo Dmitrij Medvedev. Una pompa che la dice lunga, non solo sugli interessi della Cina e della Russia ma sulle nuove convenienze della Germania.

Secondo i dati forniti dalla stessa Bundesbank (la Banca centrale della Germania), la quota delle esportazioni tedesche verso il resto dell’area Euro è calata dal 43% del 2008 al 41% del 2010, mentre quella verso i Paesi dell’Asia è cresciuta dal 12% del 2008 al 16% del 2010. Già oggi, il maggior mercato mondiale delle automobili Volkswagen è la Cina, e di questo passo presto lo sarà anche per Mercedes e Bmw.

Nel 2010 la Germania ha avuto una crescita record rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Qualche dato:

  • Prodotto interno lordo: + 3,6%
  • esportazioni: + 14,2%
  • investimenti diretti all’estero: + 9,4%
  • consumi privati: + 0,5%
  • occupazione: + 0,5%.

Insomma, non solo la Germania è la solita “locomotiva d’Europa”. Ma è anche l’unico Paese in grado di spendere ed investire, ed è quindi decisivo per il Continente dove, quando e come finiranno i suoi quattrini. Purtroppo non c’è di che essere ottimisti. Le esportazioni italiane verso la Germania sono calate, tra il 2008 e il 2010, di ben 3,2 miliardi di euro.

La cancelliera Angela Merkel.

Non è un problema solo nostro. L’anno scorso la Germania ha investito in Francia (suo tradizionale primo partner commerciale) ancora molto più di quanto abbia investito in Cina: 91 miliardi contro 54. Ma la tendenza è a colmare il buco, e piuttosto in fretta: nel 2010 le esportazioni tedesche verso la Cina sono cresciute del 44%, contro solo il 12% di quelle verso la Francia, a dispetto delle relazioni privilegiate che intercorrono tra i due Paesi europei, accomunati da secoli di vicinato e dalla comune appartenenza al nocciolo fondatore dell’Unione Europea. L’anno “storico”, comunque, è stato il 2009, quando la la Germania, per la prima volta nella sua lunga storia, ha investito più in Cina (11,6 miliardi di euro, con un’impetuosa crescita del 50% rispetto al 2006) che in Francia.

Anche in questo caso, comunque, la Cina non è l’unica destinazione privilegiata del surplus economico tedesco. Ecco in sintesi l’andamento degli investimenti diretti della Germania all’estero nel periodo 2006 – 2009:

  • Russia: + 132,6%
  • Cina: + 51,5%
  • Brasile + 35,9%
  • Giappone + 11,2%
  • Polonia + 5,9%
  • UNIONE EUROPEA: + 4,3%
  • Spagna: – 10,2%
  • Francia: – 10,6%
  • Usa: – 15,3%
  • Italia: – 17,6%
  • Gran Bretagna: – 33,4%.

La locomotiva tedesca, quindi, punta decisa sull’Asia. E oltre che in economia, le conseguenze si vedono in politica. La cancelliera Merkel, meno preoccupata di un tempo degli alleati in Europa, si è scontrata con Sarkozy e la Francia, si è lavata le mani della crisi della Libia, ha minacciato di abbandonare la Grecia al suo destino ed è stata l’ultima a cedere sul nome di Mario Draghi come guida della Banca centrale europea. Vantaggi non secondari di un sistema-Paese che nel 2009 lamentava la “peggior crisi del dopoguerra” ma nel 2010 era già tornato a macinare profitti.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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