EUROPA E TURCHIA, CHI CI RIMETTE

DI GIULIA CERQUETI – «La prospettiva europea della Turchia sta tramontando. Ma in un mondo globalizzato l’Ue senza Ankara sarebbe monca». Mentre i turchi si recano alle urne per le elezioni politiche,  Carlo Marsili, ambasciatore ad Ankara dal 2004 al 2010, riflette sul ruolo della Turchia nel Mediterraneo. Senior advisor dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), Marsili ha pubblicato La Turchia bussa alla porta. Viaggio nel Paese sospeso tra Europa e Asia (Egea), che ha presentato di recente alla conferenza “La Turchia nel Mediterraneo in crisi” promossa dall’Ispi a Milano.

Una sostenitrice del premier Erdogan.

– È la Turchia che bussa alla porta dell’Europa, o piuttosto il contrario?

«La Turchia guarda all’Europa da almeno 40 anni, anche se i negoziati veri e propri sono iniziati solo di recente. Però è vero che anche l’Europa bussa alla porta della Turchia, almeno da quando si è accorta che il Paese è diventato una grande potenza, con una crescita del 6-7% l’anno da sette anni, che alla fine del 2010 si è attestata addirittura intorno al 9%».

– Lei sottolinea che l’ingresso di Ankara nell’Unione europea sarebbe vantaggiosa soprattutto per l’Italia. Perché?

«L’Ue è sbilanciata sull’asse franco-tedesco che ha i suoi maggiori interessi economici verso il Nord ed Est Europa. All’Italia interessa rafforzare l’asse mediterraneo: la Turchia contribuirebbe a riportare al centro dell’Europa il Mare nostrum, anziché continuare a considerarlo come un lago periferico. Inoltre, l’Italia è il quarto partner commerciale di Ankara, dopo Germania, Russia e Cina. I turchi, poi, sono molto affezionati all’Italia: amano dire “italiani e turchi,una faccia una razza”».

– Quali sono i problemi sociali ed economici che la Turchia deve ancora risolvere?

«La Turchia in questi anni ha compiuto importanti riforme. Ma restano ancora dei problemi. In primis, la parità uomo-donna, fissata sulla carta: nella pratica esiste ancora una profonda disuguaglianza, soprattutto nelle regioni orientali, frutto di una mentalità che non è facile modificare; la libertà di stampa che presenta dei limiti: al momento registriamo un alto numero di giornalisti turchi che si trovano in prigione; l’islamizzazione strisciante e la spaccatura fra la Turchia laica, kemalista e quella conservatrice, che attribuisce un’importanza molto rilevante alla religione. E poi il forte divario socio-economico: la società turca è spaccata geograficamente in due,  tra la regione egea e quella interna, orientale, anche se in questi anni proprio a Est è nata una vasta classe media benestante di imprenditori, le cosiddette Tigri dell’Anatolia».

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Il premier Erdogan con la moglile Emine.

 

– Alle elezioni il premier Recep Tayyip Erdogan vincerà senza problemi?

«Tutti i sondaggi lo danno come grande favorito. Dobbiamo però ricordare che in Turchia la legge stabilisce uno sbarramento al 10% dei voti per i partiti: sotto questa soglia non si entra in Parlamento. Quindi anche con poco più del 40% dei consensi l’Akp, il partito conservatore islamico moderato di Erdogan,  potrebbe conseguire la maggioranza assoluta con facilità, per la terza volta consecutiva».

di Giulia Cerqueti

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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