MEGLIO LE NOTIZIE DEL CODICE PENALE

Qualche ora fa, all’inaugurazione di una mostra dell’ottimo amico e grande fotografo Mario Dondero, ho ascoltato Vittorio Sgarbi parlare con humor a favore della cosiddetta “legge bavaglio”. Non mi sfugge la retorica dei fronti opposti, dal “siamo tutti intercettati” di Berlusconi alla grida “arriva la dittatura” dei suoi oppositori, giornalisti compresi. Però…

Scimmie

L’argomento usato da Sgarbi è quello che pare più ragionevole e liberale. Se una “cosa” non ha rilevanza penale, e tanto più se attiene alla sfera privata di ciascuno, non deve essere divulgata. Giusto? Pare di sì ma io non sono tanto convinto e provo qui a spiegare perché questo argomento pare liberale ma in realtà nasconde una mentalità da socialismo reale.

Ecco i miei argomenti. Alcuni di mero senso pratico, altri un po’ più sostanziali (spero).

Argomenti di senso pratico

  1. fino a che punto è possibile distinguere ciò che riguarda la sfera privata da ciò che riguarda il codice penale? Se venisse intercettato un criminale che confessa di aver ucciso l’amante? Se venisse intercettato un criminale che parla dell’amante di un altro criminale? Riusciremmo a tenere al chiuso la parte “privata” (chi va a letto con chi) e a lasciar circolare quella pubblica (il delitto, suo o altrui)?
  2. a certi livelli di rilevanza sociale (quando sei un criminale, appunto, oppure, per ragioni opposte, un alto funzionario dello Stato, per non parlare di chi occupa cariche pubbliche importanti), anche un pezzo del tuo privato diventa pubblico. Forse non è bello, certo non è comodo, ma è così per tutti e da sempre. Un mio amico, di recente, mi ha fatto l’esempio di un inquisito eccellente degli ultimi tempi, dicendomi: conta solo se ha commesso reati, se poi andava clandestinamente con gli uomini non ci deve interessare. Beh, non credo che sia così: un uomo che maneggia miliardi pubblici (cioè anche miei) e che ha una vita clandestina potenzialmente compromettente, forse deve scegliere un altro ruolo. Mica lo voglio impiccare, dico solo che non mi piace averlo in quel posto. D’altra parte dubito molto che il mio amico vorrebbe avere per commercialista o avvocato di fiducia un personaggio siffatto. Su questo sposo la linea degli americani, ai quali non piace doversi fidare di chi tradisce la moglie, beve, evita in modo “sporco” il servizio militare o ha rapporti sessuali orali con le stagiste.

Argomenti sostanziali

  1. Chi ha detto che è giusto sapere solo ciò che sconfina rispetto al codice penale? Chi ha stabilito, poi, che il codice penale sia la misura della decenza? Il codice penale serve solo a giudicare se uno deve andare in galera o no.  Certo non dimostra che tutti quelli che restano liberi non sono degli emeriti stronzi o persone che meritano fiducia. Torno a Sgarbi con un esempio di fantasia: poniamo che lui, critico d’arte di accertata competenza,  prenda un abbaglio e scambi una crosta per un Picasso. Io (io cittadino, io cultore dell’arte e appassionato lettore degli articoli e dei libri di Sgarbi, io collezionista di quadri) ho diritto a saperlo oppure no? Gli individui hanno diritto a coprire i propri errori, più di quanto il gruppo abbia diritto a sapere la verità? Non credo. Il codice penale come regolatore supremo della vita sociale si trova solo nei regimi autoritari. Altrove valgono le regole della civiltà, che considerano il crimine l’eccezione negativa ma non per questo assolvono ipso facto qualunque altro comportamento.
  2. Questa difesa dei “comportamenti privati” risulta poi particolarmente ipocrita in un Paese come l’Italia, che rifiuta (e io sono d’accordo) l’equiparazione delle coppie di fatto a quelle regolari, respinge l’idea dei matrimoni gay, nega l’adozione alle coppie omosessuali. Come si fa a dire che i gay non possono sposarsi e poi sosteere che il “privato” è comunque sacro? Se così fosse, gay e lesbiche dovrebbero avere esattamente gli stessi diritti di tutti gli altri. Mica violano il codice penale, no?
Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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