PUTIN IN RUSSIA DIRIGE ANCHE IL CINEMA

Tra le tante cose russe che Vladimir Putin dirige, amministra o controlla c’è anche la Commissione federale per il sostegno economico e sociale dell’industria cinematografica. Anzi, per essere precisi: la Commissione è una creatura di Putin, che l’ha fondata l’anno scorso sottraendo competenze importanti al ministero della Cultura. E il primo ministro si occupa del cinema con la grinta che gli è propria, visto che in novembre si è concesso una dura tirata contro il cinema russo (78 film prodotti, 176 milioni di dollari d’incasso in Russia e Paesi ex Urss), colpevole di farsi regolarmente battere in casa dai blockbuster Usa che in certi anni (soprattutto quelli del dopo-perestrojka) sono arrivati a coprire l’80% della programmazione. Bastone, ma anche carota: nella stessa occasione, Putin annunciò un aumento del 55% dei fondi statali per il cinema.

Una scena di "Mongol": il giovane Gengis Khan è il primo a sinistra.

Una scena di "Mongol", saga nazionalista della steppa: il giovane Gengis Khan è il primo a sinistra.

Primo problema: a distribuire i fondi è la Commissione di cui sopra, cioè alla fin fine lo stesso Putin. Secondo problema: gli danno una mano alcuni amici ed esperti, che però risultano anche tra i beneficiati della distribuzione-fondi. Terzo problema: la cosa puzza un bel po’ di tresca, ma che dire se gli amici beneficiati sono anche i maggiori e più efficaci registi russi di oggi?

Insomma, è una cosaccia tipicamente russa. A dividersi 68 milioni di dollari per il 2010 sono state le case cinamatografiche Stv di Sergej Selianov, TriTè di Nikita Mikhalkov (amico personale di Putin e presidente

Nikita Mikhalkov.

Nikita Mikhalkov.

dell’Unione russa dei cineasti), Cinema Direction, Central Partnership, Profit Media, Art Pictures (di cui è co-proprietario il regista Fjodor Bondarciuk, come Mikhalkov esponente di una dinastia di intellettuali e cineasti, oltre che noto militante di Russia Unita, il partito di Putin), Bazelevs di Timur Bekmambetov e Rekun.

Quella per i fondi statali è una specie di lotta per la vita per il cinema russo. E’ stato calcolato che su 100 film russi, 5 danno profitti, 5 chiudono in pari e tutti gli altri perdono, chi più chi meno. Nondimeno, le scelte di Putin non possono essere liquidate come una semplice pastetta tra amici. Di Mikhalkov ho detto: è un “patriota” come piace a Putin, ma è anche uno straordinario attore e regista. E’ figlio del poeta che compose le parole dell’inno sovietico e, 36 anni dopo, dell’inno russo su commissione proprio di Putin, ma è anche l’autore di film (per stare ai più recenti) come Sole ingannatore e Il barbiere di Siberia. Tra i beneficati gli somiglia un po’ Seljanov: con Mongol ha prodotto un film nazionalista (la storia di Gengis Khan) ma anche un gran bel film.

Una scena di "Il nono plotone" di Fjodor Bondarciuk.

Una scena di "Il nono plotone" di Fjodor Bondarciuk.

Analogo ragionamento si potrebbe fare per gli altri. Bondarcjuk è figlio di Sergej Bondarcjuk, regista sovietico (ma anche per De Laurentis),

Fjodor Bondarciuk.

Fjodor Bondarciuk.

autore del famoso Il placido Don, quindi ha un pedigree impeccabile per uno come Putin. Ma in proprio ha filmato Il nono plotone, film che racconta la guerra in Afghanistan di un gruppo di soldati russi e che ha avuto uno straordinario successo di pubblico. Sempre Bondarcjuk il giovane, per aggiungere contrasto a contrasto, è l’ideologo del movimento giovanile Giovane guardia, molto pro-Putin, ma nel 2009 ha realizzato il film L’isola disabitata (tratto dal romanzo dei fratelli Boris e Arkadyj Strugatskij) che ipotizza un regime dittatoriale che opprime i suoi

Timur Bekmambetov.

Timur Bekmambetov.

sudditi. Per finire, Timur Bekmambetov: nel 2004 ha girato I guardiani della notte, il primo film russo a diventare un successo di botteghino anche all’estero, raccontando una Mosca plumbea teatro della guerra infinita tra vampiri “buoni” e vampiri “cattivi”.

Insomma, è difficile dare un giudizio. Putin ha scelto senza contraddittorio, fuori da qualunque meccanismo di controllo democratico, libero di abbandonarsi all’arbitrio. Pavel Lungin (produttore con la Luc e regista nel 2006 di L’isola), escluso dalla distribuzione dei fondi, ha infatti parlato di “inciucio corrotto”. Però si ha anche la sensazione che non ci fosse moltissimo altro da scegliere. Anche nel cinema, insomma, la Russia cerca la propria strada. E si abbandona senza troppe storie, in cambio solo di qualche privilegio, a chi s’incarica volentieri di indicargliela.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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