RIDOTTI A SOGNARE UNA DESTRA DECENTE

Dal punto di vista politico, ma anche antropologico, l’Italia soffre di due mali. Il primo è di avere la sinistra che ha. Il secondo, di avere la destra che ha. A una sinistra incerta, confusa (ultimo ma non ultimo, la candidatura di Emma Bonino nel Lazio), inefficace e debole (mai che sia capace di una denuncia vera, riesce solo a riprendere quelle, giuste o sbagliate, di magistrati e giornalisti) corrisponde una destra inutilmente arrogante, pasticciona, priva di una seria cultura di governo, unita solo nel profittare dell’influenza economica e mediatica di Berlusconi e nell’andare a caccia di sempre nuovi privilegi che possano rafforzare il suo potere. In altre parole: non è un problema il fatto di avere un Governo di destra ma è un problema averlo di “questa” destra.

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Faccio qui un paio di esempi. Il primo: il permesso di soggiorno a punti per gli immigrati. In sé e per sé, non mi pare una brutta idea. Ha se non un altro un pregio: costruisce un quadro normativo e delinea un percorso verso l’integrazione. Credo inoltre sia doveroso (non possibile, doveroso) chiedere anche all’immigrato di mostrare la volontà di regolarizzarsi, di inserirsi nella nostra società (anche attraverso la padronanza della lingua) e di non delinquere. Poi ti giri e ti rendi conto che a gestire l’idea sarà il Governo della destra pasticciona. Una destra che non conosce o ignora o trascura la realtà sociale del nostro Paese. E dunque pretende che l’immigrato esibisca anche un regolare contratto d’affitto di casa in un Paese come il nostro, dove succede quanto segue:

  1. E’ sempre più alto la quota di famiglie italiane che stentano a pagare l’affitto. Per il 63,7% delle famiglie di Roma, il 61,5% di quelle di Firenze, il 61,2% di quelle di Milano e il 51% di quelle di Bologna il canone d’affitto consuma un terzo o più del reddito (fonte: Nomisma).
  2. Il 15% delle case affittate da privati è affittato “in nero”, con 1 milione e 200 mila inquilini “nascosti” e una perdita secca per il fisco di 1 miliardo di euro l’anno (fonte: Agenzia del Territorio).
  3. C’è in Italia, hanno denunciato i sindaci, almeno 1 milione di appartamenti vuoti, mentre 650 mila famiglie sono in lista d’attesa per un alloggio popolare (fonte: Anci).

In queste condizioni, quale senso pratico ha mettere come condizione che l’immigrato abbia un regolare contratto d’affitto? Naturalmente è più comodo che mettere un po’ d’ordine nel mercato immobiliare o combattere l’evasione fiscale. Molto meno comodo, poi, che agitare lo specchietto delle allodole dell’abolizione dell’Ici.

Secondo esempio: la legge per l’elezione di 12 deputati e 6 senatori tra gli italiani all’estero. Adesso è scoppiato lo scandalo intorno al senatore Nicola Di Gerolamo (PdL), in odore di servitù alla malavita, e sono molti gli esponenti della destra che chiedono una profonda modifica della legge o addirittura la sua abolizione. Tutti, da destra e da sinistra,

Il leghista Calderoli, giustamente ministro per la Semplificazione.

Il leghista Calderoli, giustamente ministro per la Semplificazione.

raccontano quali danni essa abbia provocato, e come e qualmente si sia prestata a ogni broglio e abuso. Ferma restando l’onesta passione politica del senatore Mirko Tremaglia, che fu instancabile promotore del voto per gli italiani all’estero, conviene ricordare chi volle questo obbrobrio: la stessa destra che oggi lo rigetta. Tremaglia fu ministro per gli Italiani nel Mondo dal 2001 al 2006, nel famoso Governo Berlusconi che durò per l’intera legislatura. La legge fu strenuamente perseguita, oltre che da Tremaglia per ragioni ideali, da molti altri per ragioni pratiche: erano convinti che avrebbe aiutato Berlusconi a raccogliere consensi. Ma quando si tornò a votare, nel 2006, saltò fuori che gli italiani all’estero erano più inclini a votare Romano Prodi, che infatti vinse di pochissimo proprio grazie a loro, fino a rimanere appeso, in nella sua ultima e triste esperienza di governo, alle incerte inclinazioni di tal senatore Pallaro, eletto in Argentina. La delusione di Berlusconi fu tale che il ministero per gli Italiani nel Mondo è stato cancellato e di Tremaglia al Governo non si è più parlato.

I due esempi sembrano lontanissimi tra loro, invece hanno un punto di contatto. Perché questa destra s’inalbera ogni volta che si parla di cittadinanza per gli stranieri immigrati e addirittura s’infuria quando qualcuno (per dire, il presidente della Camera Fini) propone di riformarla e renderla un filo più agevole. Anche se si tratta di stranieri che vivono qui, fanno qui i figli, producono qui, pagano qui le tasse, magari sono già nati qui. Mentre votò entusiasta una legge che mandava in Parlamento i rappresentanti di italiani che, nella stragrande maggioranza dei casi, vivono altrove, producono altrove, pagano altrove le tasse e magari altrove sono pure nati. Ecco perché, nell’attesa di una sinistra che faccia la sinistra, ci acconteremmo pure di una destra che sapesse fare la destra.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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