LEVY, FUORI FILOSOFO DENTRO FANATICO

L’orrido filosofo francese Bernard-Henry Lévy ha colpito ancora, ai danni della filosofia e della Francia. L’occasione gli è venuta dalle affermazioni di Georges Freche, presidente socialista della regione Languedoc-Roussillon, che del compagno di partito Laurent Fabius, ebreo, ha detto che “ha un muso poco cattolico” e quindi lui avrebbe dei problemi a votarlo.

Bernard-Henry Lévy, filosofo.

Bernard-Henry Lévy, filosofo.

Questo Freches è lo stesso che nel 2006 chiamò “sottospecie di uomini” un gruppo di algerini che aveva combattuto per i francesi durante la guerra d’Algeria; e che sostenne che nella Nazionale francese di calcio di giocatori “black” ce ne dovrebbero essere “solo tre o quattro”, visto che  non sanno cantare la Marsigliese e mettono a rischio lo spirito della Nazione. Insomma, è un coglione razzista come ce ne sono ormai tanti, anche in Italia. A me quelli come loro fanno abbastanza schifo, che se la prendano con gli ebrei, con i neri, con i marziani, con chiunque.

Anche a Lévy questo Freches non piace. E così spara dal Corriere della Sera una delle sue intemerate. Ha ragione, ha ragione su tutto. Sul processo di “avvilimento della coscienza pubblica” che pare non conoscere sosta. Sul fatto che le espressioni di Freches sono “uno dei segni

Georges Freches, presidente della regione Languedoc-Roussillon.

Georges Freches, presidente della regione Languedoc-Roussillon.

rivelatori… che portano a mettere in gioco l’essenziale e che, come in questa circostanza, inducono la politica a ritrovare l’onore o a perderlo”. E ha ragione pure a prendersela con quella tolleranza che molti personaggi, per esempio l’attore Depardieu, hanno mostrato nei confronti di Freches. Come se non sapessero che l’antisemitismo è in crescita in tutta Europa e che l’intolleranza (etnica, culturale, religiosa) è forse  il tratto distintivo più marcato e inquietante della nostra epoca.

Peccato che tutto questo arrivi da lui, Lévy. Eh sì, perché il buon filosofo francese non mostra sempre lo stesso volto severo. Per lui, la guerra tra Georgia e Russia, cominciata con un bombardamento notturno su una città da parte dei georgiani, è un crimine contro l’umanità, ma dei russi. Mentre i bombardamenti al fosforo su Gaza (1.400 morti, per metà donne e bambini), per cui i comandi militari israeliani hanno appena censurato persino due dei loro generali, erano una giusta e buona cosa.

Il suo stile di filosofo è questo: i miei amici hanno sempre ragione, gli altri torto. Così la sua inflessibile (e, ripeto, giusta) condanna delle scempiaggini di Freches arriva dopo un’altrettanto ferma condanna dell’arresto subito dal suo amico Roman Polanski, regista di chiara

Roman Polanski, regista.

Roman Polanski, regista.

fama. Arresto definito “una vergogna”, un tentativo di “giustizia popolare e linciaggio”. Cos’era successo? Un tribunale svizzero aveva fatto mettere in galera Polanski che dal 1978 era inseguito da un mandato di cattura emessso negli Usa dopo che il regista aveva confessato di aver fatto sesso con una bambina di 13 anni (una bambina, non una ragazza, filosofo dei miei stivali). Polanski aveva resa la propria confessione al procuratore di Los Angeles perché questi lasciasse cadere gli altri capi d’accusa: stupro con uso di stupefacenti (Polanski aveva drogato la bambina), perversione e sodomia. Il patteggiamento non era piaciuto al tribunale che aveva convocato Polanski per discuterne. Lui era scappato.

Perché dunque l’arresto non piace al parolaio francese? Perché è passato tanto tempo? Se Polanski non fosse scappato, la vicenda si sarebbe conclusa prima. Perché la bambina, diventata nel frattempo donna e madre, l’ha perdonato? Nobile gesto, magari aiutato da qualche congrua donazione. Ma la giustizia è una fuzione sociale, mica un patto tra individui. Se lasciamo perdere con Polanski, perché dovremmo dare la caccia agli altri pedofili e stupratori? Perché Polanski è famoso e quindi ci si accanisce contro di lui? Ma se non fosse stato famoso, Polanski non avrebbe potuto godere di 31 anni di latitanza dorata in Europa.

Tutte balle. L’unica ragione è che Polanski è un amico di Lévy e Freches no. Che i georgiani stanno simpatici a Lévy e i russi no, e i palestinesi ancor meno. Per cui, nel suo sistema filosofico, dire di uno che “ha un muso poco cattolico” è più grave che drogare e stuprare bambine; ed è un segno dei tempi assai più importante della pedofilia, sempre più praticata (anche con la pedopornografia via internet) nel mondo, e in Europa addirittura omaggiata da qualche tentativo di renderla legale.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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