La tentazione di votare per Antonio Di Pietro non mi ha mai sfiorato, nemmeno quando era il candidato preferito del Cavaliere al posto di ministro della Giustizia, qualche anno fa, e io stavo per dare a Forza Italia il mio primo e unico voto. Questo (votare l’ex p.m.) è con ogni probabilità uno dei pochi sbagli che non ho fatto quando mi sono occupato della politica italiana. Mi fa davvero ridere, però, lo sdegno con cui molti pseudo-benpensanti avvolgono le più pittoresche delle sue esternazioni, tipo quella della vigilia di Natale, sotto forma di letterina a Gesù Bambino, per dire che “qui c’è un diavolo al Governo (Silvio Berlusconi, n.d.r) e con il diavolo non si può dialogare”.
Che cosa tremenda! Ecco come si mette a rischio la democrazia! Avessi visto una volta, dico una volta, metà dello stesso sdegno applicata alle farneticazioni della Lega Nord e dei suoi leader, che di esternazioni volgari e insensate hanno una produzione inesausta. Dire che Berlusconi è il diavolo è una scempiaggine, ma minacciare la secessione che cos’è? Farsi condannare per “propaganda di idee fondate sulla discriminazione e sull’odio razziale“, com’è successo ai leghisti Tosi (sindaco di Verona) e Gentilini (due volte sindaco di Treviso) che cos’è? Minacciare di far intervenire le fantomatiche “centomila doppiette” che cos’è?
Come già succedeva ai tempi della disgraziatissima sinistra radicale del Governo Prodi, tutti a pronosticare i disastri che sarebbero derivati alla democrazia a causa di quei quattro sfigati fuori dal mondo e dalla storia. Risultato: non solo abbiamo portato i leghisti al Governo ma gli abbiamo pure consegnato le chiavi della maggioranza, come abbiamo visto nelle ultime settimane con la vicenda delle candidature alle regionali. Giancarlo Galan, fedelissimo di Berlusconi, spedito via dal Veneto dopo 15 anni di governo regionale, per far posto al leghista (ora ministro dell’Agricoltura) Luca Zaia. Ma i benpensanti nazionali, indifferenti a piccole questioni come la xenofobia, giù a suonare la grancassa contro Di Pietro.
Le farneticazioni demoniache di Di Pietro se ne stanno lì, all’opposizione, in un ruolo forse rumoroso ma impotente, sgradito persino a quasi tutti i militanti del Pd. Le farneticazioni leghiste (tipo quella che con il tricolore ci si pulirebbero il culo) sono al Governo, hanno potere, decidono e cambiano in peggio l’anima del Paese. In più, sono coccolate e blandite dal premier e da una parte del PdL, che cerca sempre di farle passare per simpatico folklore padano. Salvo poi mettersi in riga e marciare al passo di Bossi ogni volte che il leader della Lega fa un po’ di voce grossa.