Ho un cognome “da terrone” ma la mia famiglia ha lunghe radici in Piemonte. La quota vera di Sud l’ha portata mia moglie, napoletana. Quindi a Natale seguiamo il “rito meridionale”, ovvero cena di magro (meglio: cenone di pesce) con tutti i parenti il 24 sera. Mentre si diffondono i profumi, metto in pagina questo servizio fotografico che fa a pugni con il clima pacifico delle Feste.
Ho ricevuto queste immagini da un persona che stimo molto. Chi osserva bene non avrà difficoltà a immaginare da dove vengono. A me, in questo momento, il dato geografico o politico interessa poco. Mi preme ribadire questo: la guerra porta altra guerra, la sofferenza altra sofferenza, l’odio altro odio. Punto e stop. Soprattutto in questo evo moderno in cui nemmeno le macchine militari più potenti riescono, da sole, a sradicare i nemici. In anni in cui aerei senza pilota e sistemi elettronici non riescono a fermare guerriglieri e terroristi spesso armati solo di vecchi fucili. Dopo anni e anni di sparatorie, in Iraq e in Afghanistan si è capito che non si ottiene quasi nulla se prima non si è in qualche modo “conquistato” il cuore delle popolazioni. Chissà se da un Natale pacifico riusciremo prima o poi ad arrivare a un Natale pacificato?
Abbiamo attraversato anni in cui hanno cercato di farci credere che la guerra potesse persino essere “preventiva”. Come dare un cazzotto in faccia a uno che forse ha cattive intenzioni nei nostri confronti, nella presunzione che il cazzotto risolva tutto. Un milione di civili morti in Iraq dovrebbe averci dimostrato che le conseguenze sono sempre imprevedibili, altro che “preventivabili” come le guerre.