DAVVERO VI CONVINCE LA SCUOLA CHE BOCCIA TANTO? PARLIAMONE

Premessa: ai miei tempi ho fatto un liceo classico vecchio stile e la severità non mi ha impedito di avere un’adolescenza normale. E poi ho visto tanti ragazzi farsi bocciare e poi, presa la salutare lezione, diventare studenti normali e adulti responsabili. Però mi domando: ha senso tutta questa esultanza per l’ondata di bocciature? E’ bocciando che si realizza la missione della scuola?


      Ci penso su, lo garantisco, al netto del cipiglio truce e del ciarpame ideologico (il buonismo del Sessantotto, bla bla bla…) che il ministro Gelmini sembra portarsi appresso come la borsetta e il cellulare, solo riflettendo sui dati. Che dicono: nei primi due anni della scuola media sono stati “non ammessi” (cioè bocciati) 70 mila ragazzi, con un aumento del 40% sui 45 mila dell’anno scorso. Alle superiori, il 42,2% degli studenti non è stato promosso, con il 28,6% di sospesi con debiti (quelli che una volta erano i “rimandati” a settembre) e un 13,6% di bocciati. Il vero macello avviene, cito sempre le statistiche ministeriali, nei primi due anni delle superiori: bocciati il 18,1% il primo anno, il 12% il secondo anno.
      Mica male anche la selezione per l’ammissione all’esame di maturità, che da quest’anno richiedeva la media del 6 (e non il 6 in tutte le materie): risulteranno non ammessi alla prova finale quasi 27 mila studenti (26.941), pari al 5,7% del totale dei candidati (443.408). Va ricordato, peraltro, che le norme per l’ammissione all’esame (non solo la media del 6, valutazioni in condotta ed educazione fisica comprese, ma anche la commissione mista con 3 commissari interni e 3 esterni) non sono farina del Governo Berlusconi ma del Governo Prodi, che le approvò per mandarle in vigore nel primo anno scolastico raggiungibile, quello appunto 2008-2009 che ora si conclude.
      Fin qui le cifre, secondo me notevoli. O forse sono ingenuo a stupirmi se più di 4 liceali su 10 non riescono a farsi promuovere senza troppi affanni. I pessimisti (o realisti) diranno che è una percentuale fisiologica, gli ottimisti accuseranno il sistema scolastico. Nell’uno o nell’altro caso il fenomeno rivela un’emergenza sociale che non può essere affrontata solo giubilando di fronte all’alto numero di bocciature. E guardate che qui il Sessantotto non c’entra nulla. Intanto, i bocciati di oggi sono i nipoti dei sessantottini,  non i loro figli. In secondo luogo, il numero dei bocciati scavalca qualunque steccato ideologico: il Sessantotto fu opera di una minoranza molto rumorosa, tra i bocciati di oggi ci sono anche molti discendenti della maggioranza silenziosa e, si presume, saggiamente attaccata ai valori tradizionali.
      Ma vorrei fare anche un’altra considerazione, più personale e quindi empirica. Io sono del 1957, quindi nel 1968 ero solo un bambino. Le persone che frequento sono in genere mie coetanee, non hanno fatto il Sessantotto e occupano rispettabili posizioni nelle professioni borghesi: imprenditori, docenti universitari, bancari, giornalisti, manager, quadri. Gente operosa e moderata. Quasi tutti, però, hanno figli che si sono presi almeno una bocciatura a scuola. La panzana del Sessantotto qui non regge: la scuola nata dalla contestazione avrebbe lasciato intatti i figli (che infatti hanno studiato normalmente e si sono poi affermati nella società) per colpire i nipoti? No, non mi convince. C’è qualcosa di più profondo, che andrebbe indagato. Forse a livello di famiglia o, più ancora, nel rapporto tra la famiglia e la società, nell’incapacità della prima di elaborare modelli e stili di vita capaci di competere con quelli proposti dalla secondo. E’ solo un’ipotesi, ovvio. Non credo, però, che esultare troppo per il nuovo corso “bocciaiolo” della scuola italiana sia una gran furbata. Che diremo tra due o tre anni, se la media dei respinti sarà ancora questa? Forse che gli italiani non son portati per andare a scuola?
 
 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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