MOLDAVIA: LA RIVOLUZIONE LILLA E LA RIVINCITA DELLA RUSSIA

I torbidi politici che sconvolgono in questi giorni la Moldavia (o Republica Moldova, nella denominazione ufficiale) possono essere letti secondo versi uguali e contrari che sempre, però, presuppongono la proiezione della crisi locale su uno scenario globale. Il primo è quello, in apparenza più logico ed evidente, del moto di ribellione di una popolazione insoddisfatta del proprio tenore di vita, desiderosa di cambiamenti e preoccupata all’idea che una nomeklatura tradizionalista, inefficiente e legata a Mosca possa perpetuare il proprio potere anche corrompendo quel minimo di democrazia fin qui ottenuto. Non sbagliano, da questo punto di vista, i politici russi che per i disordini moldavi (1 morto e quasi 300 feriti in poche ore, il Parlamento e la residenza presidenziale presi d’assalto) già parlano di “rivoluzione lilla”, facendo quindi un paragone con la rivoluzione delle rose in Georgia (2003), quella arancione dell’Ucraina (2004) e quella dei tulipani in Kirghizistan (2005).             bandieramoldavia2.gif      Alla crisi moldava bisogna aggiungere alcuni ingredienti locali: il dualismo tra campagna (dove i comunisti hanno fondato il potere che detengono da otto anni) e città, tra giovani urbanizzati (il 16% della popolazione ha meno di 14 anni) e anziani sedentari. Ma rispetto agli altri Paesi citati almeno due caratteristiche sono comuni in modo impressionante: i disordini scoppiano per protesta contro veri o presunti brogli elettorali; l’opposizione fonda molte delle proprie aspettative sul sostegno estero e gran parte delle proprie ragioni su una prospettiva “occidentale” fatta, via via, di Europa, Nato, Usa.      E’ un sentimento genuino e comprensibile, che si scontra però con realtà storiche e geografiche quasi insuperabili. La Moldavia (la sua bandiera, foto sopra) ha una popolazione di 4 milioni e 300 mila persone che per un 15% è di origine russa o ucraina. Ai suoi margini c’è la Transdnistria (più di 500 mila abitanti), Repubblica mai riconosciuta da alcuno ma nata alla fine degli anni Ottanta proprio come protesta della parte russa della popolazione nei confronti delle tentazioni “occidentaliste” (allora come oggi lo spauracchio era la presunta integrazione del Paese nei confini della Romania) della leadership politica. In poche parole: come in Georgia, Ucraina e Kirghizistan, l’idea di spostarsi politicamente e spiritualmente verso Ovest non piace a tutti, anzi. In più, c’è la geografia. Non è che l’Occidente, soprattutto di questi tempi, stia lì a braccia aperte. La Moldavia è stretta tra la Romania e l’Ucraina, una trattata come reietta per i problemi all’Italia ben noti, l’altra prima coperta di promesse e poi dimenticata. Al contrario, l’attrazione fatale dell’Est si fa sentire: più del 25% delle esportazioni moldave va verso  la Russia, qualcosa vorrà pur dire.           moldovamap2.jpg      E in questo si trova il secondo verso di cui dicevamo all’inizio. I tumulti degli oppositori moldavi possono essere letti anche come il grido disperato di coloro che, dopo aver sognato un distacco definitivo dal Cremlino, vedono disperdersi speranze a lungo nutrite. Nell’impresa di affrancarsi è riuscita a malapena la Georgia, pagando il prezzo altissimo che sappiamo (perse l’Abkhazia e l’Ossetia del Sud, subita una guerra disastrosa, instaurato un regime non certo esemplare) e solo perché sul suo territorio corre un oleodotto che gli Usa considerano strategico. Ma l’Ucraina si è ridotta a chiedere prestiti a Mosca e il Kirghizistan ha addirittura chiuso le basi militari prima concesse a Washington. Tutto si può dire di Vladimir Putin, tranne una cosa: che non sappia aspettare.Pubblicato su Avvenire del 9 aprile 2009   www.avvenire.it

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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