DOPO IL VOTO: LA “QUESTIONE RUSSA” E I REUMATISMI DI ISRAELE

E’ possibile che mi sbagli, anzi è probabile. Ma a me pare che da queste elezioni politiche Israele esca non più “duro” e aggressivo ma più confuso e sbandato che mai. Lasciamo stare l’aspetto strettamente istituzionale, con Kadima guidato da Tsipi Livni a 28 seggi, il Likud di Bibi Netanyahu a 27, Israel Beitenu di Avigdor Lieberman a 15 e una spaventosa difficoltà non solo a frmare ma addirittura a concepire il prossimo Governo.

Una formula per dividersi i ministri sarà trovata ma non è questo l’essenziale. Pensiamo al resto. Per esempio: Israele esce da otto anni di appoggio totale della Casa Bianca, di sostegno totale da parte dell’America a qualunque sua iniziativa. Di più: di un ostentato disinteresse per la situazione in Palestina da parte di un Bush che riuscì a venire per 6 volte in Italia prima di mettere piede in Israele. E dopo otto anni così, la grande scoperta del cittadino israeliano è Avigdor Lieberman? Non so decidere se si tratti di un segno di esasperazione o di disperazione, certo non è un buon segno.

Vorrei essere chiaro in proposito. Su Lieberman si sprecano le accuse: fascista, razzista, e chi più ne ha più ne metta. E’ un mezzo farabutto, questo è chiaro. Alla vigilia delle elezioni la magistratura israeliana ha cominciato a indagarlo per riciclaggio di denaro e sua figlia è stata pescata con le mani nel sacco. Dargli del fascista, però, non è esatto. Quelli come lui li ho visti e li ho anche intervistati a Mosca, nei primi anni Novanta. Erano definiti “rosso-bruni”, proprio perché il loro tratto caratteristico (e tipico sia del comunismo rosso sia del fascismo, appunto, bruno) era il nazionalismo, così acceso da sfociare nella xenofobia o nel razzismo.

Lieberman non è un fascista ma un nazionalista autoritario russo (anche se viene dalla Moldavia). In Russia quelli come lui sono stati spazzati via dall’irrompere sulla scena di Vladimir Putin. In Israele trovano terreno fertile grazie al problema palestinese, rispetto al quale Israele ancora oggi non sa bene che pesci pigliare, e grazie all’immigrazione di ebrei (700 mila) e pseudoebrei (300 mila, ma è ovviamente una stima) arrivati in massa dai Paesi ex sovietici negli anni Novanta.

I russi (così li chiamano in Israele) sono 1 milione sui 7 milioni di abitanti, cioè circa il 12% della popolazione. Il partito di Lieberman ha preso il 12% dei voti. Anche se a spanne, pare di poter dire che Israel Beitenu è riuscito a compattare la rappresentanza etnica ma non è andato oltre. La domanda è: che senso ha un partito dei russi (si badi bene: dei russi, non degli ebrei russi) nello Stato ebraico? Quali esigenze proprie hanno i russi rispetto agli altri cittadini di Israele?

La verità è che in uno Stato di “frontiera” come Israele, minacciato ai confini e in stato d’assedio più o meno permanente, molti russi hanno portato la mentalità in cui sono cresciuti, non certo improntata alla tolleranza e alla democrazia ma piuttosto incline, invece, al nazionalismo autoritario di cui Lieberman si è fatto campione. Di nuovo: non è questo il segnale di un profondo disagio, di un’identità in fondo vacillante e disegnata, a ben vedere, soprattutto sulle sembianze del nemico?

Tutto questo non per parlare male di Israele ma per sottolineare quanto sia delicata la situazione, e non solo per la cronica inadeguatezza politica dei palestinesi moderati e la demenziale inclinazione alla violenza degli islamisti. Israele è un gigante con i reumatismi, fa fatica oggi, ancor più ne farà in futuro e la “questione russa” rischia di azzopparlo. Dobbiamo tutti sperare il contrario perché anche qui, come in ogni conflitto, sarà il più forte a dare la spinta decisiva alla pace.

Per gli approfondimenti sui risultati elettorali in Israele, si vedano i bei servizi del quotidiano israeliano Haaretz – http://www.haaretz.com

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top