RESIDENTE? A TE IL POSTO PUBBLICO. ECCO L’ULTIMA TROVATA DELLA LEGA

      L’emendamento 37.2 inserito nel Decreto legge lavoro collegato alla Finanziaria, e poi regolarmente approvato alla Camera con i voti della Lega Nord e del Pdl, è uno dei classici provvedimenti-farsa che la Lega, con abilità politica e astuzia procedurale, riesce a far passare ai danni del Paese.
      Che cosa dice, dunque, questo 37.2? Sancisce la “territorializzazione delle procedure concorsuali”, cioè il primo passo verso, per dirla con le parole dell’onorevole Roberto Cota, capogruppo leghista alla Camera, la “regionalizzazione dei concorsi pubblici”. L’emendamento infatti dice che “il principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o non attuabili con identico risultato”.
      Suona bene, no? Uno pensa: certo, assumere un ex pescatore siciliano di Mazara del Vallo per la comunità montana della Val d’Ossola farebbe ridere. Ma quali sono i servizi che, per dire, un geometra residente a Milano (dove io lavoro) non potrebbe svolgere nel comune di Lainate (dove io vivo)? O le attività che un biologo di Arezzo troverebbe impossibile svolgere se vincitore di un concorso ad Albenga? Mistero.
      Il mistero però si svela se uno dà uno sguardo alla Padania, dove non si fa mistero del vero scopo di questa norma. Sul giornale della Lega Nord, infatti, si cita e si rievoca il caso di Cesarino Monti, oggi senatore ma dieci anni fa sindaco di Lazzate, comune di 7 mila abitanti in provincia di Milano. In quella veste, il Monti fu il vero precursore del 37.2: organizzò un concorso per un posto di impiegato comunale che prevedeva 3 punti in più per i residenti. Sulla questione Monti si è poi impegnato in una lunga disputa con i prefetti e con i Governi, fino ad avere partita vinta.
      La Padania (giustamente, dal suo punto di vista) lo esalta, ma non ho trovato nessuna informazione sul perché quel posto di impiegato potesse e dovesse andare a una gentile e competente signora di Lazzate. Un impiegato originario di Lainate non avrebbe potuto fare lo stesso lavoro? In che modo essere residenti a Lazzate agevola la signora nel suo lavoro e la rende più produttiva e utile ai cittadini? In realtà, il principio è sempre il solito: teniamoci le cose tra noi, degli altri (di tutti gli altri, anche quelli del Comune confinante) bisogna diffidare.
      Questa norma e questi principi sono, ai miei occhi, una vera disgrazia nazionale. Provo a dire perché.
      1. Il luogo di residenza è un criterio fasullo. La residenza si prende e si molla a piacere, come può essere un criterio di qualità?
      2. Sono abituato a giudicare le persone per ciò che fanno e per come lo fanno, da dove vengono o dove abitano mi importa poco. A un fesso locale preferisco uno straniero intelligente.
      3. Perché i cittadini di, faccio per dire, Varese dovrebbero dare un posto di lavoro (con relativo stipendio) a una persona meno qualificata, ma residente, e non dovrebbero invece pretendere di spendere i propri soldi per la persona più qualificata possibile? Inoltre: perché il figlio di Bossi, pluriripetente al liceo, dovrebbe domani essere favorito, perché residente, in un concorso pubblico a scapito di una persona magari meno privilegiata, non residente ma assai più preparata?
      4. Il boom economico di questo Paese è stato costruito negli anni della grande mescolanza, quando gli operai del Sud venivano a lavorare nelle fabbriche e fabbrichette del Nord, quando il servizio di leva era scientificamente organizzato per mandare al Sud i ragazzi del Nord e viceversa. Quest’idea che “mogli e buoi” siano meglio se vengono “dai paesi tuoi” suona ormai ridicola persino nelle società contadine, figuriamoci in una società post-moderna come quella italiana, in cui quasi il 71% del Prodotto interno lordo deriva dal settore dei servizi.

      Mi resta da dire un’ultima cosa: mentre in Parlamento passava questo emendamento, il buon ministro Brunetta correva di Tv in Tv a esaltare il valore della meritocrazia. Complimenti a lui e agli altri filo-meritocrazia che hanno detto sì al 37.2.      

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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