180.000 UOMINI, 85 MILIARDI DI DOLLARI. E’ IL SECONDO ESERCITO USA IN IRAK

      Una notizia di quelle che la stampa italiana trascura. Un rapporto della Commissione Bilancio del Congresso ha stabilito che dall’inizio della guerra in Irak, nel 2003, a oggi gli Usa hanno speso 85 miliardi di dollari per i contractors. Gli stessi contractors impiegati in Irak, dice il rapporto, sono oggi più di 180 mila. Molto più numerosi, in sostanza, delle stesse truppe Usa, assestate a poco più di 160 mila uomini. E’ un record che, per l’esercito americano, non ha precedenti.
      I contractors, conviene ripeterlo brevemente, sono il personale civile che a volte affianca quello militare (per esempio in operazioni armate di scorta, protezione e vigilanza), altre volte collabora direttamente con esso (manutenzione di impianti e mezzi bellici, assistenza alle truppe, fureria), altre volte ancora svolge un compito totalmente civile sotto la protezione dei militari (caso tipico, i tecnici del settore petrolifero). Le cifre sono importanti ma vanno “lette”, interpretate. E le interpretazioni, in questo caso, hanno un duplice verso: all’indietro e in avanti. Nel primo caso, la debordante importanza dei contractors nella realizzazione dell’impresa irachena ha offerto all’amministrazione Bush alcuni consistenti vantaggi: ha evitato una chiamata alla leva, certamente impopolare; ha permesso di mimetizzare il vero costo della guerra, sia in termini finanziari sia in termini umani (tv e giornali non si interessano molto ai contractors caduti in Irak); ha offerto il modo per finanziare aziende amiche e compensare i sostenitori della presidenza Bush. Clamoroso è stato il caso della Kbr, sussidiaria della Halliburton di cui presidente del Consiglio d’amministrazione era stato, fino alla prima vittoria elettorale di Bush, lo stesso Dick Cheney che poi Bush prese con sé come vice-presidente. Anni dopo, e dopo infinite polemiche, la Halliburton ha ceduto la Kbr, che però è stata ed è il maggior fornitore di servizi al Governo Usa: da sola, impiega in Irak più di 40 mila contractors.
      I critici americani di Bush dicono che il massiccio impiego di personale civile è stato realizzato senza un vero piano (dove metterli, in quali settori concentrarli…), quindi con sprechi e perdite inutili; che le spese sono superiori a quelle accertate dal Congresso, perché il meccanismo degli appalti è tutt’altro che trasparente; e che la presenza di tanti civili ha creato difficoltà ai militari, che spesso hanno perso uomini perché costretti a proteggerli.
      Questi, però, sono questioni che riguardano la Casa Bianca e l’elettorato americano. A me interessano di più le possibili conseguenze future. E la conclusione più ovvia è questa: Obama e McCain possono dire ciò che vogliono ma passeranno molti anni prima che gli Usa possano ritirarsi dall’Irak, che quindi resterà una piaga aperta. E’ proprio il numero dei contractors a dirlo. Senza l’ombrello delle truppe Usa sarebbero costretti a ritirarsi anche loro, e senza di loro con ogni probabilità si fermerebbero anche alcuni settori essenziali dell’economia irachena, primo fra tutti quello petrolifero. Ho sempre pensato che in Irak l’America avrebbe perso comunque, la polemica sui contractors conferma le mie sensazioni.

Per la Commissione Bilancio del Congresso Usa e il rapporto sulle spese per i contractors:  http://www.cbo.gov/

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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