ATTACCARE L’IRAN? NON SI PUO’ E ANCHE BUSH LO SA

     In questo suo ultimo viaggio presidenziale in Europa, George Bush ripete il mantra degli ultimi due anni sull’Iran e sui progetti di costruzione della bomba atomica. Dà ragioni ai suoi (e non solo suoi) timori un recente rapporto dell’Agenzia Atomica dell’Onu, altre volte assai più ottimista sulle reali intenzioni degli scienziati agli ordini di Mahmud Ahmadinejad. Come sempre, e come tutto sommato è suo dovere fare, Bush non demorde rispetto alla possibilità di un attacco militare contro la Repubblica islamica e i suoi impianti nucleari, in particolare quelli che ospitano le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, indispensabile passo verso la costruzione della bomba atomica.
       Bush fa il suo mestiere, quello del Presidente degli Usa. Noi, che di mestiere ne facciamo un altro, dovremmo anche avere la sincerità di ammettere che un attacco all’Iran è tecnicamente fattibile, ma sotto ogni altro aspetto impossibile.
      Le ragioni di questo, tra l’altro, sono abbastanza evidenti. Primo: gli impianti nucleari iraniani non sono concentrati in un solo luogo, com’era per la centrale irachena di Osirak, non a caso distrutta dai bombardieri israeliani nel 1981. Secondo: andare a caccia delle diverse installazioni porterebbe a un alto numero di vittime civili. Un massacro in Iran potrebbe far insorgere tutti gli sciiti del Medio Oriente. Terzo: se anche gli attacchi andassero a segno, l’Iran conserverebbe una capacità di reazione temibilissima, diretta (sulle truppe Usa di stanza in Iraq, per esempio) e indiretta. Quali sarebbero le conseguenze per Israele, per esempio? Quarto: la stabilità dei Paesi del Golfo, davanti a un altro attacco militare contro un Paese islamico, sarebbe gravemente minacciata, e con essa i rifornimenti di petrolio. I 200 dollari a barile oggi pronosticati dagli esperti sauditi entro fine 2008, in un tale scenario potrebbero sembrarci un prezzo di favore.
       Quindi lasciamo che Bush dica ciò che il ruolo gli impone di dire, ma non facciamo finta di crederci. Tanto più che un mezzo semplice e sicuro per “far male” all’Iran già c’è. La Repubblica islamica è piena di petrolio ma è costretta dallo stato penoso della sua economia a razionare la benzina. In più, e questo forse pochi lo sanno, importa petrolio. Il 40% di tali importazioni avviene attraverso cinque o sei compagnie petrolifere europee e americane. Basterebbe “convincere” queste compagnie a non vendere petrolio all’Iran per ottenere da Teheran un ascolto più attento alle ragioni di chi non vuole altre bombe atomiche in giro.

Per il Rapporto dell’Agenzia atomica dell’Onu sull’Iran:
http://www.iaea.org/Publications/Documents/Board/2008/gov2008-15.pdf

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top