L’ORRIDO AHMADINEJAD E LA SOLITA VECCHIA FARSA

    Arriva in Italia il presidente dell’Iran, Mahmud Ahmadinejad, ed ecco che si scatena la discussione: incontrarlo o non incontrarlo? Stringergli la mano o no? Un rito retorico e inutile che ricorda Nanni Moretti in “Ecce Bombo”, quando si chiedeva: “Mi si nota di più se non vado alla festa o se ci vado e sto in un angolo?”.
     Per evitare equivoci, dico subito come la penso: sì a sanzioni internazionali (e ferma adesione dell’Italia) ogni volta che si abbia il sospetto che l’Iran voglia procurarsi la bomba atomica; ispezioni severe e continue da parte dell’Agenzia atomica dell’Onu (che è guidata da un galantuomo come Al Baradei) per accertare le buone intenzioni di Teheran in proposito e come peraltro previsto dal Trattato di non proliferazione nucleare di cui lo stesso Iran è firmatario; sanzioni economiche e commerciali a crescere se l’Iran non volesse sottostare a questo codice di comportamento.
     Detto, e soprattutto fatto, questo, il balletto del “vedo – non vedo” è irritante come una farsa di seconda categoria. Soprattutto in un Paese come l’Italia, che in Europa è primo nell’interscambio commerciale con l’Iran. Nel 2006 con le esportazioni verso Teheran delle aziende italiane (in primo luogo quelle meccaniche, con il 60% del totale, poi quelle chimiche, elettroniche ed elettrotecniche) ci hanno reso 1,8 miliardi di euro. Ed è stato un anno gramo, in calo del 18,5% rispetto al 2005 (2,25 miliardi di euro), anche per le sanzioni e per la maggiore aggressività commerciale di altri Paesi come Germania, Francia, Cina. Noi importiamo dall’Iran soprattutto petrolio e derivati e la bilancia dei pagamenti si è chiusa a fine 2006 con un passivo per noi di 2 miliardi di euro.
     Quindi l’orrido Ahmadinejad ci va bene per scaldare le case e far muovere le automobili, ci va bene per acquistare i prodotti del “made in Italy” ma, come il cugino di campagna, ci da fastidio se mette il suo scarpone infangato in salotto. Ahmadinejad, con la sua pretesa di veder sparire Israele e i finanziamenti al terrorismo internazionale, è davvero impresentabile. Ma sarebbe assai più semplice smettere di farci affari. Più semplice ma più costoso. E poi chi glielo va a dire agli industriali? E agli Stati Uniti? E a Israele? E agli automobilisti, con la benzina sopra 1,5 euro? Ma è pensabile di raggiungere qualche risultato senza spendere nulla, a costo zero, senza fare qualche sacrificio? E poi: perché rifiutare ogni contatto con Ahmadinejad (che minaccia la bomba ma non ce l’ha, che minaccia Israele ma non attacca, che finanzia i terroristi) e incontrare tranquillamente il generale-presidente del Pakistan Musharraf, che la bomba ce l’ha, che ha minacciato l’India e la guerra l’ha fatta, che dai comandanti americani in Afghanistan è regolarmente accusato di non intervenire, sul suo lato del confine, per fermare i talebani?
     Sapete come finiscono queste storie di incontro – non incontro, le liste di proscrizione di questo o quello Stato? Finiscono come con la Libia. Gheddafi è sempre un dittatore, il suo regime combina sempre pasticci a sfondo terroristico (chiedete al Ciad, per esempio) ma il petrolio è prezioso e l’immigrazione clandestina è un ottimo strumento di pressione. Così Gheddafi è tornato nella lista dei buoni. E a Londra sta per concludersi la vicenda della strage di Lockerbie (Scozia), dove nel 1987 cadde un aereo a causa di una bomba sistemata a bordo da agenti libici. I morti furono 270, tra i quali 189 americani. La Libia ha accettato di pagare 10 milioni di dollari a ogni famiglia americana che avesse una vittima da piangere. Un miliardo e 890 milioni di dollari: questo costa diventare uno Stato buono dopo una vita da Stato canaglia.

Per gli scambi commerciali tra Italia e Iran
 http://www.ice.it/estero2/teheran/congiuntura2006.pdf

    

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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