PER UNA CIOTOLA DI RISO IN PIU’

     Della crisi alimentare mondiale si è letto e si è scritto molto. E’ arrivata travolgendo circa trent’anni di cibo a buon prezzo e un mercato mondiale dell’agricoltura ampiamente distorto nelle sue dinamiche dall’assurdità dei sussidi usati dasi Paesi già ricchi per proteggere le proprie coltivazioni da quelle dei Paesi meno ricchi o poveri.  Ciò che continua a stupire, però, è che nessuno è riuscito a lanciare un minimo allarme in tempo utile. Non sul lungo periodo, perché la corsa dei prezzi risale almeno all’anno 2000 e in otto anni nessun programma serio è stato varato per affrontarla. Ma nemmeno sul breve periodo: l’anno scorso il prezzo del frumento è salito del 77% e quello del riso del 16% ma nessuno se n’è dato per inteso e da gennaio 2008 il prezzo del riso è poi salito addirittura del 140%.
     Altra particolarità di questa crisi: dall’Argentina al Burkina Faso, colpisce contemporaneamente decine di Paesi (58, per la precisione) assai diversi tra loro, accomunati da un’unica caratteristica, quella di non essere tradizionalmente affetti da carestie. In altre parole: il cibo c’è, da qualche parte, ma costa troppo. Su questa assurda realtà influisce senza dubbio la maggiore richiesta di cibo da parte di due miliardi di persone che, tra Cina e India, chiedono solo di alimentarsi meglio per vivere meglio. Ma ormai il pianeta è fatto di vasi comunicanti, di mercati aperti che spostano le commodities (anche gli alimenti lo sono) laddove la richiesta e la disponibilità a pagare sono maggiori.
     Tutto questo inevitabilmente si scarica sui più poveri. Un miliardo e mezzo di persone sul pianeta vive con 1 o 2 dollari al giorno. La Banca Mondiale ha costruito scenari di questo genere: coloro che dispongono di 2 dollari al giorno, con il caro-cibo sono costretti a saltare dei pasti e a non mandare più i figli a scuola; quelli che dispongono di 1 dollaro al giorno, vuol dire rinunciare alla carne e alla verdura e vivere di soli cereali. Più in generale, la crisi alimentare già a questo punto avrebbe respinto 100 milioni di persone verso la povertà assoluta, quella di 1 solo dollaro al giorno, cancellando così i risultati di circa 10 anni di battaglie contro la povertà.
     Un dramma che, a prima vista, riguarda solo i Paesi del sottosviluppo. Ma non è così. Più povertà nel mondo vuol dire più guerre, più estremismo, più flussi migratori verso i Paesi sviluppati, più tensioni lungo i confini. Vuol dire anche milioni e milioni di persone che, per sopravvivere, uccidono gli animali, tagliano i boschi, incidono in maniera più selvaggia sull’ambiente. Vuol dire catastrofi umanitarie a cui qualcuno dovrà provvedere. Ci riguarda, eccome.
   
http://www.ifpri.org

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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