VIVA GALLUP, ABBASSO HUNTINGTON

    La teoria dello “scontro di civiltà” non è mai stata molto più di un’indovinatissima trovata di marketing politico, e questo lo si era capito da un pezzo. Altrettanto chiaro era il fatto che quello slogan serviva non tanto a evitare lo “scontro” avendone compreso le ragioni, ma piuttosto a giustificarlo e a mascherare le ragioni di chi provava a sfruttarlo per i propri interessi. E infatti la teoria funzionava sia se ad applicarla era a Osama Bin Laden, convinto di dover fronteggiare una nuova “crociata” (guidata non più dai principi francesi ma dai politici e dai generali americani) sia se a parlarne era George Bush, pronto a immolarsi (o, meglio, a immolare molti altri) sull’altare della lotta al fondamentalismo islamico e per la diffusione delle libertà occidentali. Con un grosso vantaggio: facendo sparire dal quadro i volgari interessi materiali, i detestabili interessi politici e strategici, persino i banali rancori, ma tirando in ballo addirittura la civiltà (l’islam, l’Occidente…), tutto diventava lecito: torturare i prigionieri, far saltare in aria civili disarmati e innocenti, bombardare le popolazioni trasformate in eventuali “danni collaterali”, spiare i propri concittadini, rapire i sospettati, costruire campi di detenzione fuori da qualunque regola di guerra, distruggere infrastrutture e attrezzature civili.    Da Osama e dai suoi pari è logico aspettarsi… nulla. Terroristi buoni solo a uccidere, ecco quello che sono, e come tali bisogna trattarli. Ma i politici delle maggiori potenze occidentali, i professori delle università più prestigiosi del mondo libero e sviluppato, i centri studi, persino i intellettuali (absit iniuria verbis) e (esageriamo) i giornalisti europei e americani, non avrebbero avuto il dovere di indagare, di approfondire, di studiare almeno un po’ prima di abbandonarsi alla propaganda dello “scontro di civiltà”? Io credo di sì.   Anche perché, se lo avessimo fatto, eviteremmo ora di doverci vergognare. Perché qualcuno che indaga, approfondisce e studia in giro c’è, e davvero non stupisce che viva e lavori negli Stati Uniti, Paese dagli anticorpi democratici e pragmatici così forti e vitali da essere sopravvissuto a otto anni di una classe politica tra le più arroganti e sprovvedute della storia contemporanea. Succede che la Gallup, il centro di ricerca fondato appunto da George Gallup nel 1935 come Istituto americano per la Pubblica Opinione, abbia speso sei anni (dal 2001, dopo gli attentati a New York e Washington, a tutto il 2007) per capire che cosa davvero pensino i musulmani in 35 Paesi con  maggioranze o larghe minoranze islamiche. Risultato? Lo “scontro di civiltà” ha fatto la fortuna di Samuel Huntington ma sostanza non esiste, è un’invenzione sua.    Qualche esempio. Il sostegno al terrorismo? Solo il 7% dei musulmani manifesta una simile posizione. Non sono pochi (ma mi piacerebbe rivedere le inchieste in Italia ai tempi delle Brigate Rosse o in Germania ai tempi della Baader Mainhof, non sono sicuro che il sostegno al terrorismo rosso fosse poi molto minore in certi anni) ma nessuno di loro adduce motivazioni relative alla “civiltà”. Solo politica: distorta, demenziale se vogliamo (l’imperialismo americano) ma pur sempre politica. Teniamo presente che il 6% degli americani si è pronunciato a favore degli attacchi contro i civili.    Secondo esempio, ancor più significativo: oltre il 90% degli intervistati vorrebbe la democrazia e critica i regimi autoritari arabi e islamici in genere. Il 73% dei sauditi e l’89% degli iraniani considera un valore la parità tra uomo e donna. Tutti ritengono che la religione abbia un ruolo importante nella vita, tanto il 91% di coloro che si definiscono “moderati” quanto il 92% dei “radicali”. E su percentuali del tutto analoghe sono le risposte alle domande sulla libertà di parola e di religione. Conclusione? Nel mondo islamico ci sono ampie sacche di malcontento che servono da base e da vivaio al terrorismo fondamentalista. Ma si tratta, appunto, di frange quasi sempre emarginate nei loro stessi Paesi, che come tali andrebbero combattute. Aver dato retta ai babbei (di quelli in malafede non serve parlare) che invece volevano farle passare come l’espressione tipica e più vera del mondo islamico ci ha fatto perdere anni, vite, soldi e innumerevoli e preziose occasioni per capire qualcosa e agire d conseguenza.http://www.gallup.com     

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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