AVANTI MONACI, ALLA RISCOSSA…

    La repressione della Cina contro i dimostranti del Tibet ci ha frustato la pelle per la sua brutalità, per il desiderio evidente di “dare una lezione” nel sangue, per la totale sproporzione tra il rischio che correva Pechino (zero) e il prezzo fatto pagare a dimostranti armati solo della loro rabbia. Quante volte, però, l’abbiamo visto succedere? Fin troppo spesso: dalla Cecenia al Darfur, dall’Iran a Timor Est, fino al Sudafrica, al Cile e all’Argentina dei generali, alle infinite dittature africane.

    Ma i fatti del Tibet ci hanno frustato anche l’animo per due ragioni che, forse, sono alla radice di certe reazioni parse timide, inadeguate agli eventi. La prima è: noi, l’Occidente, non siamo abituati a vedere uomini di fede agire come rappresentanti anche politici di un intero popolo e di un sentimento nazionale. In Tibet è forte lo spirito irredentista, che non ha mai accettato l’occupazione militare decisa da Mao nel 1950. Ma che dire della Birmania, dove qualche mese fa i monaci hanno sfidato la giunta militare (al potere da 19 anni) per chiedere più libertà e democrazia? Il fenomeno investe mezzo mondo. In Asia i monaci, in Medio Oriente gli ayatollah e i mullah. Noi non riusciamo a farci i conti. Non l’Europa, dove il minimo parere espresso dai vescovi è giudicato un’insopportabile invasione di campo, una ferita alla laicità dello Stato. Non l’America, dove le organizzazioni religiose lavorano come lobby e contrattano con il potere politico sulla base della massa elettorale che riescono a spostare. Ed è anche chiaro che l’esempio dei monaci asiatici è quello che meno possiamo metabolizzare se, europei o americani, siamo sulla sponda neocon o teocon. Perché con i mullah che predicano la violenza riusciamo almeno a incontrarci nella spirale di attentati demenziali e guerre insensate. I monaci asiatici che predicano la libertà e insieme la pace, la democrazia e insieme la non violenza, come il Dalai Lama, sono lontani da noi anni luce. Incomprensibili.

    La seconda ragione riguarda un altro corto circuito a cui non troviamo rimedio. Come ci regoliamo con i Paesi e i popoli che in parte mostrano di voler essere come noi, e per il resto custodiscono con gelosia, spesso con arroganza, la loro diversità? La Cina è un caso: adora la Ferrari, i computer, il cinema americano, il commercio, ma tiene alla propria storia e alle proprie abitudini,tra cui una chiara vocazione imperiale. Altro esempio, la Russia: i turisti russi in Italia sono al primo posto negli acquisti di abbigliamento e al terzo (dopo americani e giapponesi) per i generi di lusso. Non c’è gadget elettronico che a Mosca non si diffonda appena costruito dal Bill Gates di turno. Ma ai discorsi sulla democrazia, l’apertura, la libertà di stampa, i russi rispondono con una scrollata di spalle.

    Come europei e americani crediamo che il nostro sistema sia il migliore. E in effetti lo è: nessuno al mondo ha, come noi, tanti diritti e tanto benessere insieme. Questo, però, non risolve il dilemma: che facciamo con i grandi popoli che del nostro mondo vogliono ciò che a noi pare piacevole ma secondario (tecnologia, moda, vacanze, cibo) e rifiutano ciò che a noi pare fondamentale come la libertà di stampa, parola e voto, la coscienza ambientale, la protezione dei lavoratori, la garanzia della salute? Se la sfida è diffondere su scala planetaria questi valori, allora i monaci dell’Asia ci ricordano un dato fondamentale: la forza dell’esempio vale più dell’esempio della forza.

Pubblicato su Famiglia Cristiana n.13/2008    http://www.famigliacristiana.it

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top