Il giornalismo a tre narici era già pronto a scatenarsi. Ghiotta la notizia: in Libano, il direttore del Dipartimento Generale della Sicurezza aveva messo la bando il film Persepolis, tratto dall’omonimo fumetto di Marjane Satrapi, disegnatrice franco-iraniana ormai nota in tutto il mondo. Alla base del provvedimento censorio, le pressioni di Hezbollah, il movimento sciita strettamente legato all’Iran. Per chiudere il quadro, annotiamo che il film aveva ricevuto il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes del 2007, venendo subito dopo bollato dalla stampa iraniana come “anti-islamico” e “anti-iraniano”; e che il fumetto della Satrapi è da tempo in vendita nelle librerie del Libano, fatto che rendeva il provvedimento del Dipartimento della Sicurezza anche assurdo, oltre che brutale. Peccato. Peccato perché il ministro della Cultura del Libano, il cristiano Tareq Mitri, ha ordinato la revoca della censura, aprendo così le sale cinematografiche del Paese alla programmazione di Persepolis. Ma peccato anche per un’altra ragione: l’opera della Satrapi non è certo l’unica a essere stata bandita in Libano negli ultimi tempi. Prima che a Persepolis, sorte identica era toccata al Codice da Vinci, l’orrido polpettone firmato da Dan Brown nell’originale versione cartacea e da Ron Howard (l’ex ragazzo lentigginoso di Happy Days) in quella cinematografica. E volete saperne un’altra? In Egitto, Siria e Libano il film è stato proibito con il plauso delle autorità religiose cristiane (l’arcivescovo Hanna Nour, segretario generale del Consiglio delle Chiese di Giordania, ha dichiarato che il film andava vietato perché “danneggia simboli religiosi cristiani e musulmani mettendo in dubbio ciò che è scritto nei Vangeli e nel Corano sulla personalità di Cristo”) sia di quelle musulmane, perché Gesù è riconosciuto non come Dio ma come profeta anche dall’islam ed era dunque inaccettabile il pesante “ritocco” esoterico apportato alla sua figura dal Codice da Vinci. Parlando poi di Libano, allora bisogna dire che questo Paese è stato l’unico a proibire, e fin dal 2004, anche il libro, e proprio su richiesta del Catholic Media Center e della Conferenza episcopale libanese. Perché dico tutto questo? Ovviamente non per difendere la censura in sé né per difendere quella che in molti Paesi islamici è attivissima e impedisce a milioni di persone non solo di divertirsi ma anche di imparare e di stare al passo con le novità della cultura, della scienze e della tecnica. E nemmeno perché mi importi qualcosa del Codice da Vinci, un orrido pasticciaccio pseudo-letterario e pseudo-religioso. Mi piacerebbe, però, poter difendere almeno un poco l’informazione. Raccontare una mezza verità (il film Persepolis proibito per il furore ideologico di Hezbollah) e nascondere l’altra metà (è successo, in Libano, anche a un romanzo che non piaceva ai cristiani) equivale a mentire. Perché nasconde il fatto più importante: in Medio Oriente la religione è identità, caratterizza la comunità (cristiana, musulmana, ebrea, zoroastriana, yazida, ecc. ecc.) in ogni suo tratto e non solo nei suoi tratti spirituali. Dimenticarlo, o far credere che sia un’esclusiva di Hezbollah, vuol dire non capire niente e non far capire niente ai lettori. Dopo di che, noi restiamo cristiani e ne siamo ben contenti. E Hezbollah resta Hezbollah, con quel che ne consegue.http://www.opuslibani.org.lb http://www.forze-libanesi.com http://www.aub.edu.lb http://www.usj.edu.lb