Spartiti i posti da sottosegretario, e approfittando delle rivelazioni dei servizi segreti Usa, è partita la caccia a Matteo Renzi e ai suoi contatti con l’Arabia Saudita. Che Mohammed Bin Salman, giovane principe ereditario saudita, fosse il mandante dell’omicidio del giornalista e oppositore Jamal Kashoggi (sequestrato nel consolato saudita di Istanbul, ucciso e fatto a pezzi), era cosa ovvia e scontata da subito. Ma adesso gli americani ci hanno autorizzati a saperlo e a scriverlo, quindi si può procedere. I più accaniti nella caccia a Renzi sembrano gli stessi giornali che per anni hanno magnificato le doti di riformatore di Bin Salman, la sua opera illuminata, i fasti del piano Vision 2030 che avrebbe dovuto trasformare l’economia e la società saudita e che invece, pur lanciato nel 2016, langue per mancanza di risorse. Ma anche questo non stupisce nessuno.
Quello che invece continua a colpire gli ingenui come me è la quantità industriale di ipocrisia che viene scaricata sul caso, utilizzato come spunto per una vendetta politica (l’abbattimento del Governo conte Due non è stato digerito) e un regolamento di conti personale (Renzi l’antipatico) ma mai, neanche lontanamente, affrontato nel merito. Sono d’accordo anch’io, ovviamente, che Matteo Renzi qualche spiegazione la deve pur dare. Non c’è verso, un politico in carica non può dirci che prendere fior di soldi da un regime come quello saudita per portargli prestigio con la propria presenza, e sedere pure nel board di una fondazione (Future Investment Iniziative) che è diretta emanazione di un autocrate, sia una cosa normale. Soprattutto se per correre laggiù hai mollato a metà una crisi di Governo qui in Italia.
In più, si potrebbe chiedere a Renzi come mai nel 2015, da presidente del Consiglio, si sia sbrigato a correre a Mosca a deporre fiori sul luogo dell’assassinio di Boris Netsov, mentre da “semplice” senatore non gli è passato per la mente di fare un salto a Istanbul a rendere omaggio al luogo in cui fu martirizzato Kashoggi. Non è strano? Non sa di sdegno a comando?
L’ipocrisia, però, sta nel considerare Renzi il problema. Il nostro senatore è un epifenomeno. Una nota a piè di pagina. Io, per esempio, trovo ancor più “imbarazzante” che un politico del Pd come Minniti passi in un attimo dal controllo dei servizi segreti e dal ministero degli Interni a una fondazione di Leonardo, azienda che si occupa di aerospazio, difesa e sicurezza.
Il problema vero non è Renzi, è l’Arabia Saudita. I rapporti che abbiamo con quella monarchia (fino all’altroieri passavano per i nostri porti le bombe con cui Mohammed bin Salman fa bombardare le scuole nello Yemen), lo spazio che le concediamo, il modo in cui la giudichiamo. Che Renzi prenda 80 mila euro per una conferenza presso Mohammed bin Salman è brutto. Ma è infinitamente meno grave di quando dice che “l’Arabia Saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico”. Perché lo dicono in molti, in Occidente, ed è falso. È invece vero l’opposto: l’Arabia Saudita è un grande, grandissimo finanziatore dell’estremismo islamico. E lo è da quarant’anni, cioè da quando, nei primissimi anni Ottanta, cominciò a finanziare i mujaheddin islamici in Afghanistan.
Nel 2016 ho pubblicato un libro (“Il patto con il diavolo”, Rizzoli) che per quasi metà dedicato a questo tema. Ho citato studi, documenti, carte, che sia Renzi sia gli altri politici non possono non conoscere. A cominciare dalla mail del 30 dicembre 2009 (Wikileaks n°131801) in cui Hillary Clinton, allora segretario di Stato Usa, scrive che “l’Arabia Saudita resta una base decisiva di supporto finanziario per Al-Qaeda, i talebani, Lashkar-e-Taiba e altri gruppi terroristici, compreso Hamas”. Per proseguire con le analisi di Jonathan Halevi, esperto israeliano di questioni legate al terrorismo, che in un rapporto per il Jerusalem Center for Public Affairs scriveva: “L’Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo Persico costituiscono la più cospicua fonte di finanziamento per i gruppi islamisti”.
Poi, nel 2019, ho pubblicato un altro libro (“Siria – I cristiani nella guerra“, Edizioni Paoline), ed ecco altri documenti sulle 3.500 tonnellate di armi che i servizi segreti dell’Arabia Saudita e degli altri Paesi del Golfo Persico dal 2012 comprano nei Balcani e girano, insieme con denaro e altri supporti, ai gruppi jihadisti in attività in Siria, a cominciare dall’Isis. Soldi e armi che contribuiscono anche agli attentati che gli islamisti compiono in tutta Europa.
E di fronte a questo dovremmo preoccuparci di Renzi? Di fronte al fatto che nei prossimi giorni l’Unione Europea deciderà nuove sanzioni contro la Russia per il “caso Navalny” e non alzerà un dito per il “caso Kashoggi”? Di fronte al fatto che Mohammed bin Salman, il principe riformatore dei nostri media, non ha esitato ad arrestare, sequestrare e torturare i suoi stessi familiari? L’uomo che nel 2011 ha mandato i carri armati a soffocare la Primavera Araba nel vicino Bahrein? Il leader che dal 2015 conduce una guerra spietata e peraltro inutile nello Yemen? L’autocrate che con la mera forza del denaro è riuscito a condizionare persino le Nazioni Unite, che hanno rovesciato decisioni scomode pur di non irritarlo e che nel 2019, non per la prima volta, hanno messo l’Arabia Saudita nel Consiglio per i Diritti Umani? Insomma: di quanta ipocrisia dobbiamo ancora nutrirci?